Valsolda, il vigile che spiava la collega
Il giudice conferma il licenziamento

Il provvedimento del commissario prefettizio è arrivato davanti al giudice del lavoro di Como. La vicenda risale al 9 luglio 2019

Il 9 luglio 2019 le urla, in Comune a Valsolda, le hanno sentite tutte. Ad affrontare l’ira di una vigilessa e dei suoi familiari, l’allora comandante della polizia locale di Valsolda, Salvatore Miceli. Oggetto della discussione la scoperta, fatta dall’agente collega di lavoro di Miceli, di essere stata spiata dal suo comandante, il quale aveva inserito le targhe di tutta la famiglia della donna nella blacklist del sistema di videosorveglianza comunale, per conoscere i suoi spostamenti. Il giudice del lavoro di Como, Giovanni Ortore, ha confermato il licenziamento per giusta causa dell’ormai ex comandante dei vigili deciso dal Comune di Valsolda nel novembre dello scorso anno. Nel provvedimento il magistrato ha anche condannato lo stesso Miceli a pagare 1500 euro di spese processuali. Di fatto il giudice ha accolto la ricostruzione fatta dal Comune - assistito dall’avvocato Giuseppe Gallo - che ha contestato all’ex dipendente l’indebito utilizzo del sistema di videosorveglianza e il venir meno del rapporto fiduciario. Il provvedimento disciplinare, aveva causato una dura reazione da parte dello stesso Miceli (il quale si è sempre giustificato sostenendo di aver controllato la collega per accertare le voci di un possibile doppio lavoro in Svizzera), che era arrivato addirittura a presentare una querela (velocemente archiviata dalla Procura) contro il commissario prefettizio Angela Pagano (arrivata dopo l’arresto per corruzione dell’ex sindaco di Valsolda), “colpevole” di aver allertato i carabinieri di quanto scoperto. L’intera vicenda era venuta a galla quasi per caso. Quando, l’8 luglio 2019, la vigilessa è entrata nel sistema di videosorveglianza per controllare la targa di un’auto su richiesta della Questura di Milano. Caso ha voluto che la targa da controllare avesse le due lettere iniziali e il primo numero uguali alla vettura della vigilessa. È stato così che l’agente si è accorta di essere finita nella black list del sistema che controlla le 16 telecamere (volute proprio da Miceli) piazzate sul territorio di Valsolda. Non solo, perché nell’approfondire la circostanza la donna ha scoperto che pure l’auto del compagno e di un’altra persona legata alla sua famiglia era stata controllata nelle settimane precedenti. Nella sua denuncia ai carabinieri (a carico del comandante c’è un’inchiesta penale in corso) la vigilessa ha raccontato un episodio avvenuto due anni fa sul quale decise di non fare denuncia. All’epoca si accorse che curiosamente, quando arrivavano messaggi whatsapp, sul suo smartphone, suonava anche il cellulare del suo comandante. E lo stesso Miceli si sarebbe tradito affrontando con la donna domande riguardanti l’argomento trattato nei messaggi ricevuti. Da qui il sospetto che il suo smartphone fosse stato clonato, tanto che l’ex comandante ricevette una foto della donna inviata da quest’ultima al suo convivente. Salvatore Miceli, dal canto suo, nel contestare il licenziamento si è difeso sostenendo di aver voluto controllare le voci raccolte in paese su un possibile doppio lavoro, in Svizzera, della collega. Da qui l’accesso nel sistema di videosorveglianza. Una giustificazione che non gli è servita a riottenere il proprio lavoro.

(Paolo Moretti)

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