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Sabato 27 Aprile 2024
Il forte valore educativo della fattoria didattica
Natura. I genitori italiani guardano alla campagna come soluzione in vista dell’estate
È un dato chiaro quello che emerge dall’indagine di Coldiretti in collaborazione con Noto Sondaggi: il 70% dei genitori vorrebbe iscrivere i propri figli a una fattoria didattica. Perché? E di cosa si tratta? Negli ultimi anni sempre più ricerche in ambito educativo hanno messo in luce la centralità del contatto con la natura per una crescita sana e a 360 gradi. In parallelo sempre più realtà sono state innovate nell’ottica di dare vita a un’educazione che ha come sfondo per eccellenza la campagna, con i suoi frutti e i suoi animali. In particolare, ad essere stata osservata da Coldiretti è la peculiarità di un contesto che favorisce l’educazione alimentare dal vivo, andando a consolidare uno dei principali fondamenti della qualità di vita della persona: l’approccio al cibo e alla tavola. A confermare l’urgenza di ripartire dalla terra e formare sul campo le nuove generazioni attraverso il contatto con la natura è il dato dell’Oms riguardo il 42% dei bambini italiani tra i 5 e i 9 anni, obesi o sovrappeso. Un dato decisamente superiore alla media dell’Unione europea, che si attesta al 29,5%. Inoltre, è stato rilevato che ben sei adolescenti italiani su 10 non mangiano né frutta né verdura ogni giorno. Oltre a favorire l’apprendimento e l’esperienza di scelte alimentari sane nel corso della vita, frequentare una fattoria didattica aiuta a crescere bambini attenti all’ambiente. Insomma, si tratta di un supporto prezioso per integrare i servizi educativi per l’infanzia, soprattutto a conclusione dell’anno scolastico.
Una caratteristica delle fattorie didattiche è anche il contatto con gli animali. In alcune delle strutture, in particolare, viene proposta la cosiddetta pettherapy. Il termine, così come coniato nel 1964 dallo psichiatra infantile Boris Levinson, fa in realtà riferimento all’impiego di animali da compagnia nel trattamento di patologie specifiche. Per questo in Italia è stato recentemente sostituito dall’acronimo Iaa, che sta per “interventi assistiti con gli animali”. Il cambiamento è frutto della comprensione che possono essere molteplici gli scopi del ricorso al potere degli animali: ludico-ricrativo, educativo e terapeutico. In quest’ultimo caso a beneficiare in modo particolare dell’impiego si è dimostrato essere il disturbo dello spettro autistico, con miglioramento del livello di attenzione, aumento dell’interazione sociale, sia verbale che non, e riduzione delle stereotipie comportamentali, i movimenti ripetuti di solito tipici del disturbo. Più in generale, la presenza dell’animale durante situazioni percepite come elemento di stress riduce i livelli di ansia, e nello specifico il contatto fisico favorisce l’abbassamento dei livelli di cortisolo nel sangue, ormone responsabile appunto dello stress. Alcune caratteristiche dell’animale, poi, favoriscono il benessere del bambino e della persona: non giudica ed entra esclusivamente per la “porta” delle emozioni. Questo consente di accedere alla dimensione emotiva e uscire dall’isolamento. Laddove vi è la presenza di un operatore, come avviene appunto nell’ambito degli interventi assistiti con animali, il bambino impara ancora meglio a mantenere la calma e a coltivare l’arte dell’attesa. Sono solo alcune delle capacità che maturano stando a contatto con gli amici a quattro zampe, primo fra tutti il cane, seguito dall’asino (onoterapia), dal gatto e dal cavallo. Ma anche porcellino d’India, coniglio, lama e alpaca sono alleati della crescita e per questo molto presenti nell’ambito delle fattorie didattiche che offrono interventi assistiti con animali. Interventi assistiti con animali: così s’imparano fiducia e attesa Secondo un’indagine Coldiretti il 70% vorrebbe iscrivere i figli a una di queste strutture innovative
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