«Non ti voltare»: uno spettacolo teatrale per dire no alla violenza sulle donne

Per la «Giornata internazionale contro la violenza sulle donne» Sorgenia, con l’iniziativa #sempre25novembre, porta a teatro le storie di chi è stato testimone di violenza, per ricordare a tutti che non dobbiamo voltarci dall’altra parte. Racconti di persone comuni e famose, come l’avvocata e attivista Cathy La Torre, che ci accompagna dietro le quinte a teatro e in prima linea nella lotta

2 anni fa

È da poco trascorso il 25 novembre, la «Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne», e fra le tante iniziative che fortunatamente si sono moltiplicate negli anni, quella di Sorgenia #sempre25novembre, giunta alla quinta edizione, ha scelto un punto di vista nuovo da cui raccontare le vicende di violenza: quello dei testimoni. Un racconto che viene presentato al pubblico in due forme: un e-book e uno spettacolo teatrale, andato in scena il 24 novembre al cinema Odeon di Milano.

L’e-book è scaricabile dal sito di Sorgenia a questo link, e per ogni download Sorgenia donerà 1€ a Fondazione Pangea Onlus per il sostegno al progetto REAMA , la rete di supporto e sostegno composta da professionisti, case rifugio, centri antiviolenza, associazioni che operano per contrastare la violenza. Raccoglie 10 storie (ascoltabili anche in podcast allo stesso link) di persone che hanno assistito a episodi di violenza e hanno reagito nei modi più diversi: c’è chi si è messo in mezzo e ha difeso la vittima, chi l’ha sostenuta nel cercare aiuto, chi non si era accorto di nulla e chi, come la pallavolista Maurizia Cacciatori, a distanza di anni si rammarica di non aver fatto nulla per aiutare l’amica, di aver finto di non capire ciò che era palese, perché paralizzata dal non sapere cosa fare.

Proprio con la toccante testimonianza di Maurizia inizia lo spettacolo teatrale «Non ti Voltare! È tempo di agire. La violenza contro le donne riguarda tutti» (nell’e-book trovate il link per rivederlo). Buio, una ragazza con una tenuta da pallavolo che non dice nulla ma mostra i lividi delle percosse del compagno, e la voce di Maurizia in sottofondo che racconta come sia difficile a volte capire, cogliere i segni, come a volte noi stessi non vogliamo credere a ciò che abbiamo davanti, o come siamo stati educati a farci i fatti nostri e non immischiarci in questioni spinose. Ecco, è proprio questo l’insegnamento che lo spettacolo e che queste 10 storie vogliono darci: non ti voltare, non fare finta di nulla, tutto questo riguarda anche te, e grazie al tuo sostegno la vittima può trovare il coraggio di uscirne.

Già, ma cosa fare nel concreto?

A indirizzarci al meglio interviene Cathy La Torre, avvocata e attivista specializzata in diritto antidiscriminatorio, con particolare riferimento alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere, oltre che alla tutela dei diritti della comunità LGBTQIA+. Cathy (o Avvocathy come la conoscono i suoi follower) ha corredato alcune delle storie da suggerimenti legali, indirizzati a chi sa o sospetta che una donna di sua conoscenza sia vittima di violenza e/o stalking. Le abbiamo chiesto quale sia il consiglio più importante che si può dare in questi casi.

«Le cose più importanti che una persona che ha il dubbio che qualcuno che conosce stia subendo violenza dovrebbe fare sono due: la prima è non giudicare. Non giudicare se qualcuno sta tentennando nel denunciare, non giudicare quello che la persona sta vivendo. Il secondo consiglio è non improvvisarsi. Non improvvisarsi esperti, non improvvisare consigli, se una cosa non la sappiamo non diciamola, se non abbiamo trattato fenomeni di violenza indirizziamo la persona a un centro antiviolenza oppure prendiamo noi stessi informazioni sul centro antiviolenza».

Con lo studio WildSide, La Torre si occupa da sempre di discriminazioni, anche di genere. Ci sono donne che vengono direttamente in studio senza passare dai centri antiviolenza? «La cosa importante quando ci si approccia a un ausilio contro la violenza è che l’interfaccia sia sempre molto preparata. Noi personalmente come avvocate suggeriamo sempre di rivolgersi prima di tutto ad un centro antiviolenza per una valutazione del rischio, ma se arrivano da noi hanno un confronto con avvocate e avvocati del nostro studio che sono assolutamente preparati e lavorano quotidianamente, ahimè, con la violenza di genere».

Non ti voltare: il punto di vista dei testimoni

Il progetto di quest’anno parte dai racconti di chi è testimone della violenza. Chiedo a La Torre quali sono, a suo parere, i punti focali di questo approccio. «Il principale punto di forza di questo approccio è, senza ombra di dubbio, per una delle prime volte cogliere anche il punto di vista non soltanto di chi è vittima di violenza, ma anche delle persone collaterali a quella violenza. Perché la violenza non ha mai soltanto quella vittima, ma pensate alle famiglie delle persone che subiscono violenza, che magari non hanno colto che la loro figlia, la loro nipote era vittima di violenza e quando lo scoprono, scoprono tutto un mondo legato alla fuoriuscita della violenza».

Parliamo dunque di consapevolezza: molto è stato fatto, ma molto è ancora da fare in questo campo. La domanda che faccio all’avvocata è se, secondo lei, la violenza sulle donne è ancora un tabù o qualcosa di cui far finta di non vedere e non sapere. Oppure se, grazie a iniziative come quelle di Sorgenia, le cose stanno cambiando. «Direi che oramai la violenza contro le donne è un tema all’ordine del giorno. Non si parla nemmeno più di omicidi, ma di femminicidi, si parla moltissimo di stalking, insomma i reati legati alla violenza di genere sono raccontati molto di più all’opinione pubblica. Quindi tutti gli eventi, come questo spettacolo organizzato da Sorgenia, e tutte le volte che la stampa ne parla, e ne parla correttamente, sta portando alla luce un fenomeno che ha dei numeri terribili. 121 donne uccise, di cui 70 in ambito familiare, soltanto nel 2022!».

In scena storie, ma anche dati e aneddoti

Cathy ha preso parte allo spettacolo, con un intervento che prende avvio dal titolo del libro di Linda Nochlin «Perché non ci sono state grandi artiste?». Un libro che riscrive una storia femminista dell’arte, spiegandoci come tante donne in passato non potessero assecondare la loro vocazione, non fossero prese sul serio o si vedessero sottratta la fama perché qualche uomo si arrogava la “paternità” delle loro opere. Il suo racconto prosegue poi con la storia di scoperte scientifiche e tecnologiche attribuite erroneamente o rivendicate in modo ingiusto da uomini (il cosiddetto bropropriating), ma erano davvero solo storie di altri tempi?

Cathy ci riporta ai giorni nostri, mettendoci di fronte a una serie di dati sconfortanti sulla situazione delle donne nel mondo del lavoro: battute sessiste e volgari, contatti fisici non voluti, non riconoscimento del titolo professionale, continue interruzioni e scarsa attenzione ai loro interventi nelle riunioni… Ma c’è una soluzione possibile a tutto ciò? In Francia ci stanno provando, mettendo sul tavolo delle riunioni un campanellino che può essere suonato ogniqualvolta si viene interrotte, e pare che funga da deterrente. «Ecco – conclude il suo intervento – contro violenze, molestie e stereotipi serve un campanello che agisca come stimolo e attiri l’attenzione sul tema. Che dica: adesso basta, è tempo di agire, non ti voltare!».

Che cosa ci resta oltre le storie

Concludo la mia chiacchierata con Cathy La Torre chiedendole che cosa ha provato leggendo queste storie di testimoni e lavorando allo spettacolo che le mette in scena. «Leggendo queste 10 storie, ahimè, ho provato quella sensazione che si prova quando si ascoltano cose che si sono già sentite dire, ma che non si vorrebbero più sentire dire a nessuno. Quello che però mi ha stupita è stata la grande consapevolezza con cui queste storie sono state raccontate, e anche la bravura con la quale sono state messe in scena, ma anche la straordinaria partecipazione: due repliche, il cinema Odeon pieno, un luogo che è storico per la città di Milano. Credo che non fosse scontato che tutte queste persone venissero ad ascoltare un tema così articolato e complesso come la violenza di genere».

Qual è la sua parte preferita dello spettacolo? «Tutte. Perché tutte le storie sono vite, e le vite sono tutte importanti allo stesso modo». E l’augurio? «Spero che sia un seme, che germogli consapevolezza e interesse». Emblematici in questo senso anche alcuni interventi a fine spettacolo. Come le parole di Gianfilippo Mancini, amministratore delegato di Sorgenia, che ci ricorda come le aziende debbano dare un contributo alla società, agire nel campo della sensibilità ambientale e della responsabilità sociale. Devono cioè essere militanti, per migliorare la socialità e il territorio. E ancora Liviana Marelli, presidente della cooperativa La Grande Casa, che da 30 anni offre rifugio alle donne che escono da situazioni di violenza. Liviana sottolinea come non parlare sia già una scelta, perché le parole sono ciò che tramuta il pensiero in azione. Conclude Tiziana Montalbano, responsabile della comunicazione di «Parole O_Stili», ricordandoci che in #sempre25novembre la parola «sempre» sottolinea come tutti i giorni dell’anno dobbiamo impegnarci a riconoscere i campanelli d’allarme, a non ignorare quelle che possono sembrare frasi innocenti ma hanno un potenziale di sopraffazione. Insomma, a non voltarci.

Sito #sempre25novembre

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