Addio alla dottoressa Cattoni, vinta da un tumore a 36 anni. Ha confortato gli altri fino all’ultimo

Olgiate Comasco Era specialista in chirurgia toracica all’ospedale di Varese. Il dolore dei familiari e il ricordo dei colleghi

Ha lavorato fino all’ultimo, dottoressa muore a 36 anni stroncata da un tumore. Maria Angela Cattoni – medico chirurgo all’ospedale di Varese – è deceduta nella serata del 22 marzo, con la famiglia accanto, vinta da un linfoma contro cui combatteva da circa cinque anni. Da medico, non aveva certo bisogno che le spiegassero contro cosa stesse conducendo la sua battaglia. L’ha affrontata con determinazione, dignità e prendendosi cura degli altri.

Nubile, risiedeva a Olgiate. «Maria è stata una figlia adorata; è come se avesse avuto quattro genitori, papà Fausto e mamma Delfina, e i suoi zii Leopoldo e Virgina – ricorda la cugina Mariagrazia Poncia - Hanno sempre vissuto assieme; è stata una figlia molto amata e Maria ha dato tantissimo amore a tutta la famiglia. È sempre stata una persona solare, piena di luce, molto generosa e con una umanità incredibile. Aveva tante passioni, fra cui il pianoforte e la danza. Eccelleva in tutto ciò che faceva, ma i suoi doni più grandi sono sempre stati l’umiltà e l’umanità. Era figlia unica, ma circondata dai cugini e tanti amici. In ognuno che ha avuto modo di conoscerla ha lasciato qualcosa nel loro cuore, per l’amore e l’affetto che trasmetteva. E’ stata una vita rivolta verso gli altri».

Forte e coraggiosa, la medicina era la sua ragione di vita. Una scelta (professionale) di cuore. «Avevamo uno zio, Giovanni, che aveva problemi di salute – racconta la cugina – Maria, ai tempi piccolina, l’ha sempre assistito e accudito. Da lì è nata la sua passione per la medicina». Dedizione professionale dimostrata anche durante la malattia. «Ha affrontato il percorso di cinque anni di malattia senza mai far pesare nulla ai familiari e alle persone che la circondavano, sempre col sorriso – aggiunge la cugina - Non era facile per lei perché da medico sapeva a cosa andasse incontro, eppure dava coraggio agli altri. E’ stato un grande gesto d’amore verso chi le voleva bene, i familiari e tutti. Fino all’ultimo Maria era presente per tutti anche sul lavoro. Per noi è stato un grande dono di Dio».

Era entrata da studentessa di medicina nel reparto di chirurgia toracica dell’ospedale di Varese. Si era appassionata così tanto al lavoro da scegliere, dopo la laurea, di specializzarsi in quella materia; in quel periodo andò in America per un anno per fare ricerca; nel 2018 fu assunta al Circolo. Con grande impegno e dedizione inseguì il sogno di diventare chirurgo e, dopo tanti sacrifici e più di quindici anni di studio, quando lo realizzò, all’inizio della sua carriera si è ammalata. Grazie alla passione che la animava, è riuscita a dare un notevole contributo non solo sull’attività clinica, perché la chirurgia era la sua passione, ma anche nella ricerca scientifica. È stata autrice di diversi studi scientifici e relatrice a congressi internazionali. Sabato 25 marzo, alle 10.30 i funerali nella chiesa parrocchiale, preceduti alle 10 dal rosario.

Curare gli altri era la sua missione. Lo sostengono i colleghi del reparto di chirurgia toracica dell’ospedale di Varese, profondamente addolorati: «Svolgeva il suo lavoro con grande passione e una abnegazione unica. Prendersi cura degli altri, per lei, era una missione. Amava la sala operatoria ed ormai era autonoma anche su tanti interventi chirurgici. La sua passione era la chirurgia; fare il chirurgo era il suo progetto. Oltre alle indubbie capacità professionali, il valore aggiunto era la sua umanità. Era veramente il buono, mai una parola fuori posto, con i pazienti era attenta, sensibile e da loro amata e seguita; le volevano bene tutti».

E’ stata attiva sino alla fine. «Ha affrontato la malattia dedicandosi con una dedizione totale al lavoro e alla sua passione di curare gli altri. Pur nella consapevolezza della inesorabile progressione della malattia, ha continuato a lavorare. Negli ultimi 6-7 mesi, non potendo più fare attività pratica, si era dedicata alla ricerca scientifica, studiando, sperimentando, progettando e questo ha riempito le sue giornate e le ha permesso di non pensare alla malattia. Ancora la settimana scorsa aveva inviato due nuove pubblicazioni a stampa internazionale. I pazienti si rivolgevano a lei anche a distanza e lei riusciva, anche in una situazione di sofferenza, a usare parole di conforto verso gli altri. Combattiva com’era e con una voglia di fare impressionante, ha lottato sino alla fine».

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