Ateneo, industria e startup: legame sempre più stretto

L’intervista Marco Francesco Bocciolone è il neo presidente di Polihub, l’incubatore del Politecnico: «Va costruito un sistema che dalle frontiere tecnologiche porti l’innovazione sui mercati con le risorse dei privati»

Con il recente insediamento dei nuovi organi di governo di PoliHub è in corso la costruzione di strategie e obiettivi da parte del nuovo consiglio presieduto da Marco Francesco Bocciolone, che dal 2022 è anche delegato del rettore per il Trasferimento tecnologico e che alla base del suo mandato mette una precisa direzione: «Creare un ecosistema che abbia un rapporto quasi simbiotico fra università e azienda».

Professore, quale indirizzo darà alla gestione del suo nuovo mandato in Polihub?

PoliHub opererà in stretta sinergia con l’ateneo, diventandone parte integrante, diventando qualcosa di più di un incubatore. PoliHub entra in modo integrato nell’ecosistema del Politecnico. Ciò che vogliamo, cioè creare un ecosistema quasi simbiotico fra università e azienda, non è un aspetto di novità per il Politecnico di Milano, un’università pubblica e tecnica che sempre ha fatto dei rapporti di ricerca e di trasformazione tecnologica con le imprese uno dei suoi punti di forza, non trascurando la ricerca autonoma che nasce dai bandi europei o nazionali. Ma in riferimento al mondo delle imprese e dell’industria tale obiettivo è sempre stato fondamentale, quindi anche le azioni di PoliHub dovranno entrare in tale ottica. Il Politecnico di Milano è un’università pubblica che come tale deve essere utile al sistema Paese, in gran parte basato sulla capacità delle nostre aziende di essere in molti casi leader nazionali o internazionali nei loro settori. Ci sono realtà che prediligono di più la ricerca, altre prediligono l’innovazione. Noi siamo in grado di fare l’una e l’altra. Come ateneo la parola d’ordine è quella della ricerca, come innovation è PoliHub.

Come si crea un unico sistema fra PoliHub e industrie?

Iniziando a ragionare più convintamente ed efficacemente di open innovation intesa come integrazione fra la R&D (ricerca e sviluppo) delle industrie e le startup. Tali operazioni che coinvolgono il mondo dell’innovazione, delle startup e del fare impresa hanno bisogno di risorse economiche che in parte servono per portare un’idea a un prototipo che dimostri la fattibilità. Un altro nostro obiettivo è creare un collegamento molto stretto fra i mercati finanziari e le imprese innovative.

Su che aspetti di innovazione si concentreranno i programmi?

Focalizzeremo la nostra attività sul deep tech, le tecnologie profonde che sono il cuore della ricerca dell’ateneo. Non usciremo da questo ambito per ovvie ragioni di competenze, sapendo benissimo che è un ambito molto complicato perché necessita di maggiori risorse economiche e di più infrastrutture necessarie a dimostrare l’efficacia e l’efficienza di un’idea. Queste possono, ad esempio, essere in capo all’incubatore ma possono anche far riferimento a strutture e laboratori già presenti in ateneo e anche alla parte corporate, alle aziende che collaborano con noi e che intendono entrare in questo ecosistema. Quindi un mondo in cui ci sono l’accademia, con la sua ricerca e che lavora sulle frontiere di innovazione, le startup che portano innovazione sul mercato e i privati e investitori che accompagnano nel tempo le idee più interessanti anche con adeguato aiuto economico. Questi i ragionamenti che stiamo facendo sulle strategie di PoliHub, coerentemente con la strategia di ateneo.

C’è un monitoraggio sul lungo periodo per sapere se le startup diventano vere imprese?

Sì, lo facciamo e lo faremo sia come PoliHub e sia come congiunzione operativa e di ideali fra PoliHub e Politecnico. Lo facciamo come ufficio di trasferimento tecnologico, il mio ruolo da un lato come presidente di PoliHub e dall’altro come delegato del rettore al trasferimento tecnologico di ateneo dovrebbe consentire il perfetto matching anche in tal senso.

Che apporto ha dato Polihub allo sviluppo di nuova imprenditorialità?

I risultati realizzati in questi anni sono importanti sia per l’area milanese sia per l’area lombarda e nazionale. Ciò che rappresenta una novità, con progetto partito un anno fa, riguarda lo sviluppo di programmi specifici per gli studenti del Politecnico. Didattica, ricerca e trasferimento tecnologico, public engagement sono le diverse missioni dell’ateneo. Sulla terza missione vogliamo stimolare gli studenti a pensare se hanno la stoffa per essere innovatori e imprenditori. Perciò abbiamo sviluppato il programma “Am I an innovator?” che in un anno ha già visto partecipare circa 4mila studenti del Politecnico, che attraverso colloqui personali, lezioni frontali, rapporti con testimonianze di startup li aiuta a capire se hanno in animo di diventare imprenditori di sé stessi.

Aerospazio e clima sono al centro di vari programmi di PoliHub. Come si inserisce PoliHub in quella parte di attività e ricerca sulle missioni spaziali che riguarda la sostenibilità ambientale?

Ci sono attività già parte strutturale del pacchetto di PoliHub, come Esa Bic Milan, progetto gestito dal Politecnico di Milano in collaborazione con il Daer (Dipartimento di scienze aerospaziali dell’ateneo), finanziato da Regione Lombardia e guidato dall’Esa e dall’Asi. È un progetto che mira a dar vita a startup che abbiano come oggetto il mondo aerospace ma con particolare riferimento ai temi di sostenibilità. Ad esempio, abbiamo visto startup che si occupano di alimentazione wireless che può essere utilizzata in ambito sia spaziale sia terrestre, e tutto ciò che è alimentazione elettrica parte da un aspetto fortemente connesso e “obbligatorio” con le questioni di tipo energetico e di economia circolare.

Quali sono i progetti in tema di climate tech?

Andremo in continuità con un altro progetto di successo, Encubator, che abbiamo attivato con la Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi grazie all’Accordo di collaborazione che la Camera di commercio ha con il Politecnico di Milano. In proposito il Demo Day Encubator si inserisce nel Green&Blue Festival che per 7 giorni all’inizio di giugno ha trattato i temi climate tech e sostenibilità. Non ultimo, c’è il programma specificamente del Politecnico di Milano, Switch2Product aperto ai nostri studenti, ricercatori, docenti e alumni. Si tratta di un programma che mira a sviluppare startup specifiche, negli ultimi anni ci siamo sempre più orientati ad identificare gli argomenti all’interno delle direttive del programma Next Generation Eu.

Lei conosce a fondo Lecco, dove ha iniziato come ricercatore in quello che era a inizio anni Novanta il polo rettorale di Lecco, diventato poi polo territoriale del Politecnico. Dal 1991 ha un corso a Lecco, dove è stato prorettore dal 2012 al 2016 vivendo tra l’altro i rapporti con le aziende lecchesi per l’innovazione: quanto è utilizzata sul territorio lariano la possibilità di accelerazione a favore di uno sviluppo di impresa su base locale che PoliHub, che ha una sede a Lecco, può dare all’ambiente economico lariano?

Quanto detto si applica anche per Lecco, i progetti citati sono esportabili su tutti i territori in cui opera PoliHub. Sono sicuro che opereremo attivamente e costruttivamente con le imprese e le associazioni di categoria del territorio di Lecco. Se dobbiamo creare prodotti di innovazione e startup serve creare un ecosistema nel quale il mondo produttivo lecchese entri in forma attiva nella progettazione e gestione dei programmi. Su startup e innovazione possiamo avviare insieme un cammino che dia gli stessi risultati che tante aziende lecchesi stanno ottenendo sulle loro specifiche attività. Ci piacerà sicuramente avere un rapporto costruttivo con tutti gli innovation manager. Cominciamo dagli studenti, lavoreremo anche con gli studenti del campus di via Previati a Lecco per il programma Am I an innovator?».

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