Azouz, condanna definitiva: i Castagna diffamati

Strage di Erba Il giudice: «Campagna di denigrazioni e disinformazione». E domani a Roma la Cassazione decide se riaprire la revisione

Erba

Azouz Marzouk si è prestato a far da megafono a «una vera e propria campagna di disinformazione, fatta di sibilline allusioni ed eclatanti denigrazioni, brutalmente lesive della reputazione dei fratelli Castagna, compiute nella consapevolezza della falsità delle accuse loro rivolte».

È definitiva la condanna a due anni e mezzo di carcere per l’ex cognato di Pietro e Beppe Castagna, grimaldello - anche pochi giorni fa , in una trasmissione Rai - della campagna innocentista in difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi. Una campagna, l’ha definita il giudice che ha condannato Marzouk per diffamazione, di «vera e propria disinformazione».

L’intervista

La vicenda, costata una condanna due anni e mezzo di carcere - che Marzouk non sconterà, a dispetto dei precedenti, visto che quasi certamente ricorrerà all’affidamento in prova - si riferisce a un’intervista, rilasciata dall’uomo convinto dell’innocenza degli autori della strage di Erba, nel corso della quale senza neppure troppi giri di parole ha puntato il dito contro la famiglia di Raffaella. E detto: «Indagate sulla famiglia, mio figlio Youssef conosceva l’assassino. Lo ha ucciso qualcuno vicino a mia moglie. Basta leggersi le carte per capire che fosse qualcuno che voleva l’eredità di mia moglie».

Dopo la condanna in primo grado, la Corte d’Appello aveva dichiarato inammissibile il ricorso dei difensori di Marzouk. E nei mesi scorsi la sentenza è dunque passata in giudicato, diventando definitiva.

«La lettura dell’articolo - così ha scritto il giudice Veronica Dal Pozzo - rende manifesto che le dichiarazioni rilasciate fossero tese a sostenere che gli autori della strage di Erba fossero da individuare nei fratelli Castagna. Non vi è altro senso che si possa cogliere nelle parole di Marzouk». La pena è stata particolarmente alta perché, ha spiegato il giudice, va considerata «l’impressionante risonanza mediatica della vicenda e l’elevatissimo interesse pubblico» che «le cosiddette teorie innocentiste sono tutt’oggi capaci di attrarre».

Teorie innocentiste che domani torneranno in un’aula di giustizia e, per la precisione, davanti ai giudici della Corte di Cassazione di Roma i quali dovranno decidere sul ricorso presentato dai legali di Olindo Romano e Rosa Bazzi. Quest’ultimi chiedono l’annullamento della sentenza con la quale la Corte d’Appello di Brescia ha negato la richiesta di revisione del processo.

Qualora i giudici dovessero respingere il ricorso, dopo 18 anni si potrebbe finalmente giudicare chiuso per sempre il capitolo giudiziario sulla strage di Erba.

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