Caso Formigoni
Sequestri anche a Lecco

La Procura della Corte dei Conti gli ha confiscato 5 milioni, quote di 15 immobili tra la città e Sanremo. Provvedimento legato alla vicenda Maugeri, per il quale è stato condannato in primo grado a 6 anni per corruzione

Ancora una volta, l’ex governatore Roberto Formigoni torna alla ribalta sul fronte giudiziario, proprio nei giorni in cui anche il successore Roberto Maroni aveva ricevuto una condanna in primo grado per la vicenda dell’assunzione di una sua ex collaboratrice.

Insomma, pare proprio non esserci pace per i governatori lombardi, visto che il “Celeste” si è visto eseguire un sequestro conservativo per un valore di 5 milioni di euro da parte della Procura regionale della Corte dei Conti. Il tutto collegato all’ormai nota vicenda Maugeri, per il quale Formigoni è già stato condannato in primo grado a 6 anni per corruzione. I pm contabili hanno eseguito anche sequestri conservativi a carico di altri, tra cui Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio Simone, già condannati pure loro in sede penale.

Il totale

L’ammontare dei sequestri supera in tutto i 30 milioni, e nel caso di Formigoni, riguarda le quote di proprietà su 15 immobili tra Lecco e Sanremo, i conti correnti in tre istituti di credito, l’assegno vitalizio da ex deputato ed ex senatore e il trattamento pensionistico per l’incarico di parlamentare europeo, ricoperto negli anni ’80, oltre ovviamente al vitalizio e la indennità di fine mandato da ex governatore. Per l’11 luglio è fissata l’udienza di convalida dei sequestri conservativi.

Scritte nero su bianco dalla Procura contabile anche le motivazioni di fondo dell’atto formale. L’ex Governatore lombardo Roberto Formigoni secondo i magistrati «si è adoperato per deviare la funzione pubblica a fini privati, avvalendosi dei mediatori/agevolatorì Pierangelo Daccò e Antonio Simone, con interventi e pressioni sugli uffici regionali, mirati alla precisa finalità di drenare illecitamente una ingentissima quantità di risorse pubbliche, assegnate a copertura dei fondi destinati alle cosiddette funzioni non tariffabili».

Certo, si tratta di un’ulteriore ferita aperta per l’ex presidente lombardo che aveva già incassato la mancata rielezione al Senato del 4 marzo scorso. L’ex governatore lombardo si era candidato alle scorse elezioni per Noi con l’Italia, capolista in tre collegi plurinominali: Milano, Monza e Brianza e Bergamo-Brescia. Si trattava però dii superare la soglia di sbarramento del 3% per avere diritto a una quota di seggi, ma il cartello elettorale di Noi con l’Italia (che riuniva gli ex alfaniani, Fitto e Cesa) si è invece fermato a una quota in larga parte inferiore al 2%. Nei collegi in cui Formigoni era capolista la formazione moderata si è attestata rispettivamente allo 0,8 e all’1,1%.

Il Senato è sfumato

Il primo stop politico dopo quasi 35 anni da quando, nel 1984, divenne parlamentare europeo per la Democrazia Cristiana. E’ stata però l’ultimo mandato di governatore quello dal quale Formigoni ha ricevuto in dote le grane giudiziarie che ancor oggi lo vedono protagonista. Proprio la sentenza del dicembre 2016 aveva condannato Roberto Formigoni a 6 anni di carcere, ma anche a versare 3 milioni di euro a Regione Lombardia, insieme a Pierangelo Daccò e Antonio Simone.

Nel disporre ed eseguire i sequestri i pm contabili chiariscono anche che non hanno riconosciuto alcuna «rilevanza alle confische disposte nel processo penale perché hanno una rilevanza esclusivamente sanzionatoria e non risarcitoria del danno pubblico».

Al contrario, la Procura spiega di aver eseguito i sequestri proprio per non veder diminuita la garanzia patrimoniale del credito erariale vantato dalla Regione nei confronti dei tre condannati.n 
Lorenzo Bonini

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