Le cause dell’incendio scoppiato alla Seval: «Vecchi apparecchi pericolosi. La scintilla da una batteria al litio»

Colico Il titolare dell’azienda e il direttore di produzione puntano il dito sulle norme. «Bisogna rivedere le regole per lo stoccaggio». Le indagini tecniche a cura dei Vigili del fuoco

Le cause dell’incendio? Naturalmente, saranno i Vigili del fuoco a doverle stabilire, ma in Seval le idee sono chiare. «Sarebbe facile scaricare la colpa su qualcun altro - commenta il titolare Roberto Ardenghi, rispondendo a precisa domanda -. La realtà è che le leggi che normano lo stoccaggio di alcuni tipi di Rae, intendo quelli con batterie non rimovibili, sono da rivedere nel senso della garanzia di una maggiore sicurezza».

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I cellulari

È il direttore di produzione Francesco Cornaggia a spiegare il concetto: «Alcuni dispositivi che vengono gettati negli appositi cassoni per i rifiuti elettrici o elettronici nei centri di raccolta comunali sono dotati di batterie non revomibili. E li restano per un tempo imprecisato, prima che vengano rimossi per il conferimento a impianti come il nostro. Mi riferisco ad esempio, ai telefoni cellulari, che sono probabilmente i più diffusi, ma non solo. Ci sono moltissime apparecchiature dotate di questo tipo di batterie, ovviamente al litio. E spesso sono apparecchiature di bassa qualità. Nonostante si tratti di batterie statiche, se una cella dell’accumulatore si degrada, la batteria stessa va in cortocircuito, liberando idrogeno e ossigeno. Questo porta alla cosiddetta fuga termica, che coinvolge in brevissimo tempo tutto quello che è presente attorno all’apparecchio dal quale è partito il cortocircuito. Quello che è accaduto la volta scorsa, nell’area di stoccaggio proprio delle batterie ione-litio. E che, a mio giudizio, è accaduto anche questa volta».

«Con i Vigili del fuoco ci siamo accordati per stoccare i rifiuti in un’area esterna, sulla quale sia più agevole intervenire - riprende Ardenghi -. Il crollo della lamiera di copertura del magazzino non ha fatto altro che complicare le operazioni di spegnimento dell’incendio. Riuscire a estrarre un cassone di 30 metri cubi, nel quale era presente comunque una quantità di Rae meno significativa del solito, rimasto imprigionato dalla tettoia, è stata un’impresa titanica».

Deposito isolato

Dal punto di vista degli impianti di produzione, invece, non ci sarebbero problemi. Non sarebbero stati intaccati dall’incendio, dal momento che il deposito andato distrutto dalle fiamme era isolato dal resto delle strutture dell’azienda di Colico. Oggi, l’attività lavorativa dovrebbe dunque riprendere normalmente.

Dall’azienda, insomma, si esclude che possa esserci una responsabilità esterna - ossia, per essere chiari, il dolo - in quanto accaduto ieri. Piuttosto, l’auspicio che si possa in tempi brevi provvedere a prendere decisioni sullo stoccaggio di questo tipo di materiale elettronico, quello con batterie inamovibili, visto che prevedere uno smistamento alla fonte, ossia dai cassoni delle aree ecologiche comunali, potrebbe risultate impresa titanica.

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