Cambiamenti climatici e prezzi in risalita. Crisi anche per il caffè

Bilanci Anno difficile per tutta l’industria alimentare. Pierluigi Milani (Caffé Milani): «Prospettive incerte». Agostoni (Icam): «Sulle materie prime c’è chi specula»

«I prezzi del caffè verde sono notevolmente aumentati e l’aumento è generalizzato su tutte le varietà, sia arabica che robusta, e origini. I prezzi dei caffè arabica in borsa, rispetto allo scorso anno, sono aumentati circa del +75% mentre quelli della robusta del +110%» ha spiegato Pierluigi Milani, amministratore delegato di Caffè Milani. La storica azienda comasca, oggi con sede a Lipomo, si occupa di tostatura del caffè e ha un fatturato di circa una decina di milioni. Importa i chicchi di caffè da tutto il mondo e distribuisce nel nord Italia, Toscana inclusa, e ha una quota del 10% di produzione destinata all’estero.

«Le prospettive per il futuro sono incerte, tra le cause di questi radicali aumenti troviamo anche i cambiamenti climatici che incidono sulla resa dei raccolti», ha aggiunto Pierluigi Milani.

La situazione

In generale per tutta l’industria della trasformazione alimentare il 2024 è un anno difficile: tra gennaio e settembre il caffé varietà robusta ha avuto un aumento del prezzo alla fonte fino all’83%, mentre nello stesso periodo il cacao è aumentato del 48%. Per il prossimo anno molto dipenderà dal raccolto nelle diverse regioni del mondo. Ma le dinamiche commerciali sono in continuo cambiamento e variano a seconda del canale di approvvigionamento e di distribuzione.

«Sull’aumento dei costi delle materie prime insiste certo anche una componente speculativa, ma non si tratta soltanto di questo – osserva il presidente di Icam, Giovanni Agostoni, Global Sales & Marketing Director - al fenomeno contribuisce un insieme di fattori: una nuova generazione di agricoltori che incontra sempre maggiori difficoltà nel mantenere le tradizioni agricole e che preferisce spostarsi nelle aree urbane per dedicarsi ad altre tipologie di lavoro; la situazione climatica che influisce negativamente sulla produzione e le piantagioni del Ghana e della Costa d’Avorio, dove si concentra circa il 50-60% della produzione mondiale, alle prese con un parassita delle piante di cacao. Tutti questi elementi hanno contribuito a una riduzione significativa della produttività e quindi della disponibilità dei quantitativi di cacao necessari a soddisfare l’attuale fabbisogno mondiale».

L’azienda Icam non importa il cacao dalle aree più colpite: Ghana e Costa d’Avorio, ma da ben 20 paesi nel mondo, principalmente in Centro e Sud America, tra cui la Repubblica Dominicana e Perù, «ma ugualmente siamo indirettamente impattati anche da questo fattore, oltre che dagli altri – prosegue Giovanni Agostoni - i nostri concorrenti che fino a ieri attingevano da questi paesi per l’approvvigionamento della materia prima, non trovando abbastanza cacao per garantire la stessa produttività, devono infatti cercare forniture altrove. Si crea così una pressione importante su altri paesi che, data la situazione, stanno aumentando la produzione e migliorando la qualità del cacao, ma non riescono a colmare il divario rappresentato dai due principali produttori». Il risultato è che chi invece possiede cacao lo conserva gelosamente, aumentando il prezzo in modo esponenziale.

Icam è presente in Africa, in Uganda in particolare, con la subsidiary Icam Uganda ltd. Un progetto che ha permesso di costruire nel 2010 un primo centro di lavorazione del cacao, a cui se ne sono aggiunti altri due negli anni successivi, dove i coltivatori possono conferire il proprio cacao e permettere all’azienda italiana di seguire le delicatissime fasi di fermentazione ed essiccazione in loco, prima di spedirlo presso lo stabilimento di Orsenigo.

Gestire i costi

«Relazioni dirette e di lungo periodo come quelle create nel corso degli anni in Uganda, o come quelle che da circa 20 anni intratteniamo con le cooperative di coltivatori in Sud America, ci permettono di ridurre lievemente il problema della disponibilità della materia prima ma non ci mettono al riparo dall’incremento dei costi che stiamo cercando di gestire nella maniera più chiara e trasparente possibile in ciascuno dei settori per cui produciamo cioccolato e semilavorati del cacao – conclude Giovanni Agostoni - aree molto differenti tra loro, che spaziano dall’industria al private label, fino al consumatore finale, ciascuna con le proprie peculiarità e dinamiche commerciali in continuo cambiamento e che variano a seconda del canale».

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