Mancano lavoratori specializzati. Confindustria sceglie di formarli in Ghana

L’intervista Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico, presenta il progetto avviato in Africa. Nel giro di pochi mesi porterà nelle aziende friulane 250 giovani cui viene dato un alloggio e un contratto

Le fabbriche non trovano lavoratori specializzati, da istituti professionali, istituti tecnici e Its escono pochi diplomati in relazione al fabbisogno di occupazione e il tempo gioca a sfavore delle imprese.

E visto che l’immigrazione ben gestita è una risorsa non resta che andare a formarsi la manodopera necessaria nei Paesi d’origine, come ha fatto Confindustria Alto Adriatico in Ghana organizzando un progetto che nel giro di pochi mesi porterà nelle aziende friulane 250 giovani lavoratori ghanesi a cui viene garantito un contratto in somministrazione e l’alloggio, come primo passo verso l’autonomia. A spiegarci come tutto sia stato organizzato in una logica di rete che coinvolge anche il centro di formazione salesiano di Ashaiman, vicino alla capitale ghanese Accra, la società per il lavoro Umana, la Regione Friuli Venezia Giulia, i sindacati, più il supporto delle comunità ghanesi sul territorio friulano è Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico, decisamente soddisfatto del valore dell’iniziativa sancito anche dalla visita del Presidente della repubblica, Sergio Mattarella, che il 6 aprile, in visita ufficiale in Ghana, ha inaugurato l’avvio della nuova academy nella sede dell’istituto salesiano. A facilitare la messa in atto del progetto ha contribuito anche Daniela D’Orlandi, ambasciatrice italiana in Ghana, che ha fornito il supporto necessario per allineare il progetto con le leggi ghanesi.

Quali profili vengono formati col progetto Ghana?

In aggiunta ai corsi di italiano, formeremo perlopiù saldatori, addetti alle macchine di produzione e ai carrelli elevatori, carpentieri, operai edili e saranno messe a disposizione anche delle borse di studio per gli studenti più bravi e bisognosi. In proposito ricordo che in Ghana lo stipendio medio è di 200 dollari al mese, il senso delle borse di studio sta anche nel voler dare la possibilità ai ragazzi di continuare gli studi nel loro Paese, per chi invece preferisce non lasciare il Ghana. Circa il nostro progetto, dopo tre mesi di formazione specifica verranno in Italia, in virtù del Decreto Cutro che permette l’ingresso a immigrati fuori alle quote previste se formati in patria, e per un altro mese continueranno la formazione tecnica e linguistica per poi essere inseriti in contratti di lavoro che in un primo momento dureranno dodici mesi. Una misura, questa, realizzata in accordo con i sindacati a garanzia del fatto che tutti siano tutelati in origine con contratti di lavoro di qualità. Con le imprese abbiamo fatto un accordo affinché chi assumerà questi giovani provveda anche all’alloggio. Da parte nostra, per accelerare i tempi abbiamo deciso in questa prima fase di puntare sui giovani diplomati degli ultimi due anni.

In che tipo di imprese saranno inseriti i ragazzi?

Fra i nomi più noti abbiamo la disponibilità di Fincantieri e Friul Intagli, ma ci sono anche tante pmi coinvolte. Noi formiamo i giovani per cluster di competenza e coordiniamo tutte le operazioni. Contiamo di fare gli inserimenti negli ultimi mesi di quest’anno, al netto della parte finale di formazione che faranno in Italia. Ma sottolineo un aspetto non certo banale, che sta nel valore dell’esperienza umana di questo progetto caratterizzato da un legame particolare di Pordenone con il Ghana: i salesiano sono straordinari, hanno moltissimi fratelli africani e noi, a Pordenone, abbiamo due parroci ghanesi. C’è una rete ghanese di protezione e di accoglienza, forte come quella dei friulani nel mondo, una rete consolidata negli anni.

Sarà possibile un futuro inserimento di giovani ghanesi anche negli Its del territorio?

Creeremo le condizioni affinché ciò sia possibile. L’academy avviata ad Accra è un istituto professionale che crea operai specializzati, ma nel Paese ci sono gli istituti tecnici che creano ad esempio diversi periti. Ma sono titoli di studio non riconosciuti in Italia, lavoreremo su questo aspetto. Il nostro Its Alto Adriatico, a Pordenone, è curvato sui temi dell’Ict. Ricordo anche che ad Accra c’è una magnifica università, è un luogo dove si vede nascere il futuro dell’Africa. Ciò che conta è il fatto che quando i giovani ghanesi arriveranno in Italia continueremo comunque con un processo di formazione per skill più elevate, anche facendoli entrare nei nostri Its.

Si era pensato di dar vita fin da subito a una formazione Its attraverso il progetto per il Ghana?

Creare un Its rimane comunque un obiettivo, ma di mezzo ci sono appunto i riconoscimenti dei titoli di studio del percorso scolastico. La procedura rischiava di essere lunga rispetto alle esigenze delle imprese. La realizzazione dell’academy è stata più rapida.

Al termine della formazione in Italia i ragazzi potranno comunque decidere di tornare in Ghana?

Quando avranno acquisito competenze più elevate i giovani potranno decidere se spenderle da noi o nel loro Paese, ma è evidente che abbiamo costruito questo progetto per favorire la possibilità che restino a lavorare nelle nostre imprese. Per quelli che tra loro decideranno di diventare nuovi italiani mettiamo in campo tutte le facility necessarie affinché ciò si verifichi, così come aiuteremo chi sceglierà di tornare e far crescere il proprio Paese.

Perché è stato scelto proprio lo Stato del Ghana?

In primo luogo abbiamo voluto scegliere un Paese oggi democratico e stabile, per occuparci della formazione di ragazzi che una volta inseriti nella nostra comunità saranno seguiti sulla base di un modello di integrazione da noi ampiamente sperimentato e ormai ben conosciuto, considerando che sul nostro territorio la presenza di ghanesi sfiora una quota vicina al 20% della popolazione residente. Io, ad esempio, sono di Casarsa dove i ghanesi sono intorno al 16% dei residenti.

Ci sono dunque anche missioni industriali in programma?

Sì, in primavera faremo una missione economica con alcuni nostri imprenditori interessati ad investire in Ghana, un Paese che, ad esempio, produce il 60% di cacao a livello mondiale, ma in sostanza non producono cioccolato e quel poco che producono è di bassa qualità, ma è possibile favorire una differenziazione della qualità delle fave di cacao. Come associazione stiamo discutendo con alcuni nostri produttori friulani di cioccolato affinché possano investire in quel Paese. In aggiunta stiamo anche pensando di sviluppare la produzione di frutta equatoriale, collaborando per favorire l’introduzione di sistemi produttivi più evoluti.

Si può considerare il progetto Ghana come iniziativa pilota da estendere in Italia?

Direi proprio di sì, dal momento che diverse altre associazioni territoriali ci stanno dimostrando interesse e che anche il nuovo presidente designato di Confindustria, Emanuele Orsini, ha deciso di adottare la nostra iniziativa come modello nazionale. L’ingegneria del progetto ci ha richiesto un anno di lavoro per la messa a terra e nella nostra assemblea, a settembre, conto di avere parecchi ragazzi ghanesi con noi, ragazzi inseriti nelle nostre aziende. E noi stessi pensiamo di replicare il progetto anche in Costa d’Avorio, confinante con il Ghana e con simili specificità.

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