Designer emergenti della moda cinese. «Cercano la qualità, chance per Como»

Il distretto Nuovo viaggio per Federico Colombo, presidente Gruppo tessile di Confindustria. «Richiesti prodotti di alta gamma, dobbiamo impegnarci ad alzare ancora di più l’asticella»

I segnali di un rallentamento del mercato cinese ci sono da tempo: di recente sono stati confermati dalle aziende comasche presenti a Milano Unica Shangai. E, pochi giorni fa, dal presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, Carlo Capasa, in occasione della presentazione del calendario della prossima fashion week. «Questo momento è critico, sappiamo tutti che ci sono guerre in zone chiave del mondo e che i consumi in Cina sono calati per la crisi del real estate» ha detto Capasa.

Segno meno

A giugno alcune maison del lusso hanno praticato sconti vantaggiosi, anche del 50% sui loro articoli, per cercare di eliminare le scorte invendute, conseguenza del calo della spesa da parte della clientela locale. Gli esperti hanno osservato che il calo di attività per i centri commerciali di alta gamma, mentre le vendite luxury hanno registrato un decremento a due cifre.

La battuta d’arresto subita nell’Ex Celeste Impero dalle principali case di moda ha inevitabilmente generato ricadute negative sulle industrie tessili che servono i grandi marchi. «Il crollo del mercato immobiliare ha minato la fiducia dei consumatori aumentando la propensione al risparmio delle persone. Ma in Cina c’è in atto anche un cambiamento culturale promosso dal governo che sta scoraggiando i consumi esagerati, utilizzati per dimostrare il proprio status sociale, a favore di uno stile di vita più moderato. Gli stessi influencer orientali sono sempre più sotto controllo da parte delle autorità che vogliono porre limite all’ostentazione senza freni» dice Federico Colombo, titolare di Penn e Penn Textile Solutions e presidente del Gruppo Filiera Tessile di Confindustria Como, alla vigilia di un secondo viaggio nella potenza asiatica.

La tendenza

L’imprenditore comasco introduce anche un’altra riflessione. «Oggi si stanno affermando moltissimi giovani designer cinesi che si sono formati nelle scuole occidentali, da Milano a Londra. Se prima la produzione cinese era sinonimo di qualità scadente, soprattutto nell’immaginario occidentale, oggi la percezione è cambiata, alcuni stilisti vengono indicati tra i più influenti del fashion e hanno aperto boutiques in tutto il mondo. Pechino sta incoraggiando l’apprezzamento di queste etichette che vanno via via espandendo la loro audience e arricchendo la loro offerta anche sugli scaffali digitali. Questi brand rappresentano un’opportunità per Como in quanto cercano l’eccellenza nei tessuti. La nostra industria manifatturiera deve però alzare sempre di più l’asticella a livello creativo e qualitativo perché negli ultimi decenni le manifatture cinesi hanno elevato i loro standard, allargato il portafoglio di articoli, si sono impegnate a rendere più efficiente il servizio».

Oltre alla massima eccellenza, un altro asset su cui puntare, secondo Colombo, è la sostenibilità. «I consumatori asiatici, soprattutto i giovani, sono sempre più attenti alla storia di un prodotto, a come viene fatto, alla tutela dell’ambiente. Le credenziali “green” dei nostri articoli ci garantiscono un ulteriore vantaggio».

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