Dietro il bancone del bar: una professione chiave che merita più attenzione

Operatori di sala Cfp ed Enaip propongono il ciclo formativo triennale. Lezioni su caffetteria e ristorazione veloce. E un focus con un sommelier

Una figura preziosa, ma spesso sottovalutata. L’operatore di sala bar è oggi un profilo richiestissimo, ma non sono molti i ragazzi che vogliono intraprendere questa strada: ecco perché le scuole professionali stanno puntando sul rilancio di questa figura, per farne comprendere fino in fondo il valore. Di cosa si occupa nello specifico?

Le mansioni possono essere diverse: l’operatore interviene, a livello esecutivo, nel processo della ristorazione svolgendo attività relative alla gestione della relazione con il cliente, alla predisposizione degli ordini, alla somministrazione di pasti, alla preparazione e somministrazione di prodotti da bar. Non solo, si occupa anche dell’allestimento di ambienti e attrezzature di lavoro, dell’approvvigionamento e della conservazione di equipaggiamenti, materie prime e semilavorati, secondo gli standard aziendali richiesti e nel rispetto dei criteri di qualità e sicurezza igienico-sanitaria.

Il percorso

«Il percorso da noi è triennale con la qualifica e poi il quarto anno per il diploma di tecnico – spiega Antonella Colombo, direttrice del Cfp - abbiamo investito molto sulla sala bar, dove ci sono due docenti: uno che si occupa di sala con servizio ai tavoli, mise en place e delle diverse tipologie di servizio, l’altro fa invece lezione per quanto riguarda il bar con ristorazione veloce e caffetteria, competenze completamente diverse rispetto alla sala. Già questo indica che abbiamo voluto dare una preparazione più specifica sulla figura professionale che è unica ma con competenze diverse».

Un mestiere che, come detto, attira meno di altri, magari anche perché non ha mai beneficiato del traino dei talent televisivi. «Abbiamo sempre avuto qualche difficoltà con gli iscritti in sala, anche se poi sono quelli che hanno sempre dato molta soddisfazione – aggiunge Colombo - al di là del nostro ristorante didattico, facciamo servizi per enti e hanno sempre dato buoni risultati. Per la sala, il problema è la banalizzazione di questa figura: nel mercato si pensa che il cameriere lo possano fare un po’ tutti, senza caratteristiche e competenze specifiche, ma non è così. Per una ristorazione di qualità, il servizio è fondamentale perché è un punto di contatto tra cucina e cliente. Negli anni abbiamo sempre mantenuto costante il numero degli iscritti, solo un anno ci sono state due classi di sala. Il nostro standard è di una classe che lavora in tandem con le classi di cucina. Chiaro che a livello di mercato del lavoro c’è un grosso problema a trovare personale, la ristorazione dovrebbe organizzare il lavoro in maniera diversa per renderlo più “umano”, con turnazioni differenti e stipendi più alti. C’è la Svizzera vicina a noi che assorbe molte risorse umane e con la quale è difficile competere a livello di stipendio. Stiamo cercando di formare i ragazzi in maniera attenta, necessario che chi si iscrive sviluppi competenze per il mercato di riferimento».

I contenuti

Il percorso è presente anche all’Enaip. «Noi abbiamo il corso di sala, sicuramente è quello dove i ragazzi fanno più fatica a capire bene qual è la figura professionale, si pensa che si facciano quattro caffè, due cocktail e il gioco è fatto – ammette la direttrice Ilenia Brenna, in linea quindi con le sensazioni di Colombo -. Quello che noi cerchiamo di fare è far capire che questa figura è quella che richiede le maggiori competenze di soft skill: oltre mise en place e caffetteria, c’è la relazione con il cliente, conoscenza del piatto, della materia prima, conoscenza dei vini. C’è un’alta richies ta di questa figura anche negli alberghi, noi stiamo investendo con professionisti per creare una didattica più in relazione con la cucina, in modo che il ragazzo di sala conosca il piatto e racconti la materia prima. I nostri studenti di sala, almeno nel primo e nel secondo anno, fanno anche ore di cucina per conoscere anche questa parte base. Stiamo cercando di trovare una relazione ancora più stretta con la cucina, non è un corso a sé stante».

Trovare lavoro, una volta terminato il percorso, non è certo difficile. «Da un punto di vista di richiesta delle aziende, è una delle figure più ricercate – prosegue Brenna - oggi il cameriere va valorizzato nell’ambito della ristorazione, bisogna rilanciare un po’ il ruolo. Noi puntiamo a costruire una figura professionale che sia di alto profilo, che può andare bene per il piccolo ristorante ma anche per gli stellati e alberghi di un certo tipo. Ed è una figura per la quale le soft skills sono più presenti rispetto ad altre mansioni: serve capacità di comunicare, relazione con il cliente, saper dialogare con la cucina, conoscere i tempi.

Quest’anno introdurremo anche la parte sui vini con dei sommelier. In questo momento i ristoranti prendono anche persone senza qualifica, c’è tantissima richiesta quasi più degli chef. Noi come scuola puntiamo a formare professionalità alte».

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