Fisco e frontalieri un anno dopo. La Svizzera piace un po’ meno

Lavoro Nei settori di “medio valore aggiunto” la differenza retributiva rimane alta. Il sindacato Ocst: «Meno facile intercettare i professionisti che vivono lontano dal confine»

Il nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri è arrivato al giro di boa del primo anno di piena operatività. La prima ripercussione è che i nuovi assunti in Svizzera dal 17 luglio 2023 in poi devono pagare le tasse anche in Italia. A livello di dinamiche occupazioni Andrea Puglia - vicesegretario cantonale del sindacato Ocst - fa notare che «assistiamo già a una tutta una serie di fenomeni che denotano un cambiamento all’interno del mercato del lavoro transfrontaliero». Nel dettaglio, il fatto che alcune agevolazioni fiscali siano venute meno (conseguenza diretta del cosiddetto “doppio binario”), sta rendendo meno attrattivo il posto di lavoro oltreconfine. Pur a fronte di questa minor attrattività, Puglia rimarca come «la tendenza da parte della manodopera italiana sia comunque quella di accettare le offerte di lavoro in Svizzera, soprattutto in quei settori definiti di “medio valore aggiunto”, dove la differenza retributiva tra Svizzera e Italia resta talmente elevata da rendere comunque attrattive le proposte lavorative, pur dovendo queste persone pagare le tasse anche in Italia, ricordando la franchigia di 10mila euro che questi nuovi frontalieri non avrebbero lavorando in Italia».

L’attrattiva del vicino Ticino resta forte non solo per le professionalità elevate, ma anche per tutte quelle persone che vivono a ridosso del confine e che vanno a percepire un salario comunque più elevato senza dover mettere in conto spese particolari o particolarmente elevate, dovute ad un trasferimento a ridosso della frontiera (con annesso affitto) per questioni lavorative. «Notiamo per contro una maggior ritrosia ad accettare le offerte di lavoro in Ticino da parte di quei professionisti che provengono da lontano, rispetto al confine - fa notare ancora Puglia -. Professionisti che avrebbero un salario maggiore, ma dovrebbero mettere in conto spese legate a un trasferimento, per l’abitazione in primis. Se i profili sono ad alto valore aggiunto, la ritrosia aumenta anche a fronte delle buone condizioni di lavoro offerte anche in Italia». C’è poi il tema del telelavoro. Soprattutto i professionisti attivi nell’ambito del digitale - profili molto richiesti in Ticino - tendono a rimanere su questo lato della frontiera, per via della possibilità di lavorare in smart working ben oltre il 25% del tempo lavorativo garantito dall’accordo tra Italia e Svizzera. Un ultimo aspetto, riguarda il fenomeno di coloro che tendono a trasferirsi oltreconfine: «Si tratta di profili, contattati in tutta Italia, con offerte di lavoro importanti. Per loro diventa conveniente accettare nella misura in cui si trasferiscono a vivere in Svizzera - la chiosa del vicesegretario cantonale di Ocst -. Questo perché possono lavorare in smart working per più del 25% del tempo lavorativo, non essendo frontalieri, ma dimoranti. Nel contempo evitano l’elevata tassazione italiana».

© RIPRODUZIONE RISERVATA