Formazione nell’AI: «Un dovere per le aziende»

L’intervista Irene Di Deo del Politecnico fa il punto sulle competenze di pmi e imprese strutturate per governare la sfida

Il mondo manifatturiero accelera sull’introduzione di sistemi di intelligenza artificiale. «Tuttavia, al di là delle dimensioni d’impresa, l’introduzione di soluzioni di intelligenza artificiale sono possibili solo a fronte di un ampio storico di dati, di cui spesso le pmi non dispongono», afferma Irene Di Deo, ricercatrice senior dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano.

L’IA applicata alle produzioni sarà comunque sempre più irrinunciabile anche per le piccole imprese?

Ci sono casi d’uso abbastanza standardizzati sull’opportunità dell’IA nella parte produttiva, soprattutto in tema di manutenzione predittiva, per la capacità di prevedere guasti e anticiparne la riparazione. Così come le applicazioni di IA investono il controllo qualità tramite sensori o analisi che a partire da immagini del prodotto identificano difetti in modo da intervenire in modo parzialmente automatizzato. Questi sono i due casi d’uso che solitamente vediamo nelle fasi produttive. È più raro vedere applicazioni in tal senso nelle piccole imprese in quanto per farlo è necessario partire da una base storica di dati sia a livello di digitalizzazione e sensoristica sia per disponibilità di dati sufficientemente ampia nel tempo, cosa che in genere le pmi non hano.

Perché è importante lo storico dei dati?

È importante per avere, ad esempio, informazioni su come in passato sia stato risolto un determinato problema o come si è concluso un intervento di manutenzione.

In quelle aziende manifatturiere in generale (quindi non solo in quelle piccole) che hanno una minor cultura del dato tutto questo processo non è totalmente digitalizzato e strutturato, con la conseguenza che recuperare informazioni richiede molto tempo, ma può anche essere impossibile farlo. Questo è un aspetto bloccante dell’applicazione di IA. L’applicazione di IA nei processi produttivi non può avere aspetti generalisti come li ha, ad esempio, ChatGPT: in realtà negli aspetti molto verticali serve un accurato lavoro di preparazione e analisi dei dati.

Al di fuori delle fasi produttive ci sono comunque possibilità di innovazione anche per le piccole imprese.

Certo, una pmi manifatturiera può applicare generative AI per efficientare processi più trasversali di supporto.

Tornando all’utilità dell’IA nella produzione, quali sono le grandi categorie di applicazione al di là delle diverse tipologie manifatturiere?

Partendo dal fatto che per il settore manifatturiero il core sta proprio nel processo produttivo, abbiamo categorie di intervento che riguardano la capacità predittiva, la manutenzione, il controllo qualità, il rilevamento di anomalie o colli di bottiglia. Ci può essere poi un supporto nell’innovazione di prodotto, ad esempio con la possibilità di veder realizzato in pochissimo tempo un modello virtuale del prodotto per accelerare la prototipazione. Inoltre c’è un’area di applicazione legata alla supply chain, alla logistica, all’ottimizzazione delle scorte per identificare anche in logica predittiva quali devono essere le scorte da avere (non troppe, né troppo poche) in magazzino. Vanno considerate anche le applicazioni legate all’ottimizzazione del processo di consegna del prodotto, sempre in tema di supply chain. Per le funzioni iaziendali ci sono aree più trasversali, come l’utilizzo dell’IA a supporto delle vendite, ma dipende dal settore: non è detto che un’azienda manifatturiera inserita nella catena B2B sia interessata all’applicazione sulle vendite che è più di primario interesse di aziende B2C.

Quali sono,invece, le opportunità per il back office?

Per il back office e per la parte di amministrazione si ragiona più sull’automazione strettamente intesa, che non è intelligenza artificiale ma serve ad agevolare attività ripetitive.

In tale ambito si stanno però anche sviluppando soluzioni di IA per accelerare microprocessi, dallo scrivere una mail al riassumere un documento o ricercare informazioni. È l’applicazione di generative AI in modo molto trasversale nelle microattività quotidiane di lavoro.

Considerando le catene di approvvigionamento, logistica, manutenzione predittiva, digital twin, chatbot: che sfide si aprono sull’aggiornamento della formazione nelle aziende?

Da un lato non ci possiamo aspettare che soprattutto le piccole imprese si dotino di un esperto di IA stabile. Esperti che peraltro non sono disponibili in quantità sul mercato, mentre quei pochi che ci sono vengono attratti da grandi realtà di consulenza specializzate. Nella nostra attività di formazione vediamo anche la difficoltà dei decisori aziendali nello scegliere il prodotto giusto e nell’avere un’interlocuzione utile col consulente. C’è molto rumore sul tema dell’IA: si dovrebbe riuscire a costruire una formazione che non proponga di far crescere persone in grado di sviluppare algoritmi di deep learning ma che abbiano invece gli elementi principali per comprendere un linguaggio più tecnico.

Ad esempio?

Le aziende devono poter formare quelle figure che potremmo definire “di traduzione”, che nelle imprese manifatturiere sono magari ingegneri che conoscono bene il loro dominio e iniziano a conoscere le applicazioni e sfide dell’IA nel loro specifico ambito. Persone che sappiano cosa sia realmente fattibile e cosa invece è impossibile che la tecnologie riesca a soddisfare. Persone che conoscano i pre requisiti e l’importanza di avere un dato pronto per un algoritmo di IA, che abbiano nozioni di terminologia o di sviluppo del processo tale da metterle in condizioni di dialogare con le figure più tecniche dedicate ai singoli progetti aziendali.

Senza dimenticare che un progetto di IA va in qualche modo manutenuto.

Cosa intende?

Significa che bisogna avere la capacità di misurare nel tempo le performance dell’algoritmo. La formazione sull’IA fatica ad indirizzarsi in quel limbo che si trova fra la formazione molto tecnica, da specialisti e un racconto troppo generico, che non è in grado di portare persone con attitudine tecnologica a governare il tema.

Visto che l’IA si profila come sempre più pervasiva nelle attività aziendali, è necessaria una formazione diffusa che si estenda a tutto il personale coinvolto nei processi aziendali?

Sì, soprattutto per la parte di generative AI. Lo vediamo già nel modo in cui le persone si stupiscono di come uno strumento come ChatGPT (e simili) non riesca a svolgere certi compiti di ragionamento logico, oppure non riesca a recuperare in modo giusto delle informazioni. Una formazione diffusa è necessaria per spiegare quali sono gli strumenti di IA predisposti nelle attività di lavoro. Bisogna spiegare che strumenti che da un lato ci sembrano molto potenti, in realtà per molti versi non riescono a darci una risposta. Così come è necessaria la capacità di formulare richieste in modo adeguato e dettagliato, apprendendo tecniche che aiutino lo strumento a darci una risposta più coerente con le nostre aspettative. Vedo la necessità di una formazione diffusa soprattutto per quanto riguarda la generative AI nella comunicazione potenzialmente quotidiana con tali strumenti. Diversamente, per la parte progettuale l’utilizzatore singolo vede il risultato di un algoritmo evoluto senza che debba conoscere cosa sta dietro. Servono figure intermedie che sappiano dialogare con consulenti esterni specialisti in AI. Ciò per quanto riguarda le pmi, mentre le grandi aziende hanno già all’interno team specializzati.

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