Giovani, passione, lavoro: «La strada non va spianata, dagli ostacoli le soluzioni»

Educazione Lo psichiatra, ospite dell’Assemblea di Confartigianato a Erba Favorire la creatività: «L’Ai ripete, non inventa. È opposta all’innovazione»

«L’80% delle persone che lavora non lo fa per passione. E questa è la cosa peggiore» ha detto Paolo Crepet, sociologo, scrittore, psichiatra, intervenuto all’Assemblea di Confartigianato a Lariofiere con un discorso che è stato un monito sul valore del lavoro artigiano per le persone, per le comunità e per l’identità stessa di un Paese.

Orientare ed educare

Grande affabulatore sui temi dell’educazione, con un filo conduttore: meno si interviene sulla crescita dei ragazzi, minori sono le possibilità di fare danni, tornando con prepotenza allo stile educativo di poche generazioni fa quando molto era lasciato alla capacità di “impresa”, nel senso di sapersela cavare da soli, dei ragazzi.

La sua scelta di diventare psichiatra, spiega nella sua biografia, è legata anche alle sue radici familiari, a riprova che in capo educativo non serve tanto dire, imporre, orientare quando dare un buon esempio e lasciare la libertà di scelta.

«Se guardo più in profondità posso dire che c’è anche un’altra radice nella scelta di fare lo psichiatra, che affonda nel clima respirato da bambino grazie ai miei nonni, entrambi artisti. Quello paterno, pittore veneziano, era un intellettuale dell’arte, quello materno, ceramista marchigiano, era un artigiano dell’arte. Con loro ho passato tanto tempo, tempo che ha voluto dire una lunga infanzia felice, un periodo in cui ho immagazzinato sensazioni, emozioni, potenzialità. La mia famiglia mi ha insegnato il valore della creatività, dell’immaginazione, del “bello”» un percorso che già dice molto del legame privilegiato dello studioso con il mondo artigiano e con i suoi valori.

Per questo parte dalla passione per il lavoro, in un mondo privilegiato, si intende, dove davvero si può scegliere il lavoro. «Se non c’è la passione che muove tutte le mattina per andare alle 8.00 sul posto di lavoro come si può pensare che quel lavoro produca qualità? - ha commentato – il ben fatto arriva dopo il desiderio, la creatività, l’idea, senza le quali non esiste valore. In questo logica c’è tutto il senso del lavoro artigiano».

Difficile? Non tanto, è che non sappiamo più immaginare perché non siamo abituati alle difficoltà. «Lasciate che i ragazzi incontrino le difficoltà, non eliminatele dal loro percorso, non spianate loro la strada perché l’alternativa l’incapacità di superare gli ostacoli, quando prima o poi si presenteranno, ma soprattutto è la noia, la mancanza di idee, di inventiva, la scomparsa del gusto di trovare delle soluzioni» tutte le capacità che invece innescano quei processi di crescita generativa di soddisfazioni, fantasia e inventiva che sono sottesi ai grandi successi di impresa che hanno costellato il nostro territorio.

Un grande pericolo

È ancora così, ma si è anche andati oltre: competenze tecnologiche e digitali sono indispensabili e non è queste che Paolo Crepet contesta, anzi. Proprio i grandi geni dell’era digitale sono stati nominati come esempi di innovazione: Steve Jobs, naturalmente, e non solo, anche Adriano Olivetti. Si tratta di concepire la rivoluzione in atto come un universo aperto di possibilità, ma non ripiegare sul già fatto, già scritto, dentro a un monitor, rischio reso concreto dalla pervasività dell’Intelligenza artificiale, archetipo della massima espressione di come si possa “copiare bene”.

«Ripete, non inventa, che è l’opposto dell’innovazione. Il pericolo è grande – avverte lo psichiatra - siamo caduti in un grande inganno: qualcuno ci ha detto che il futuro deve essere comodo e noi ci abbiamo creduto. Ci siamo ricaduti e bisogna dire ai ragazzi che la comfort zone, a vent’anni, non si può accettare. Non ci deve essere niente di comodo. Se si sta scomodi vengono le idee. Dobbiamo inventarci un futuro scomodo, non vuol dire agire come i nostri bisnonni, ma significa non stare fermi, farsi venire le idee, dare forma ai sogni» innovare appunto.

Eppure il gene dell’inventiva circola tra noi, nelle botteghe artigiane, nelle piccole e medie imprese familiari che conservano e tramandano tecnologie e saper fare apprezzati in tutto il momento. «Ma ci troviamo davanti a un ineluttabile e gravissimo invecchiamento della popolazione, sono proprio quelli che sono capaci di innovare che stanno scomparendo, senza lasciare questa capacità in eredità ai figli, ai nipoti, ai giovani che invece hanno spento la loro creatività. Tutti in ripiegamento sui telefonini che li condiziona e impigrisce».

L’auspicio è di un futuro dove le persone si incontrino davvero «un futuro di relazioni umane e non mediate dalla tecnologie «dove ci sia ancora chi sa utilizzare le mani, in connessione con arte, cuore, cervello, per realizzare pezzi unici e come tali innovativi, straordinari, di qualità altissima perché lì si rivela l’umano» ha concluso Paolo Crepet.

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