Gli affitti a Como. Manca l’offerta e prezzi alle stelle

Immobiliare Terza in Italia nei rincari (+4,9% in 5 anni). Mercato condizionato da case vacanza e frontalieri. Bargolini (Fimaa): «Adesso i valori si stabilizzeranno»

«Non ci aspettiamo ulteriori aumenti dei canoni di affitto a Como: già gli ultimi rincari hanno fatto sì che diverse persone abbiano scelto di spostarsi un po’ fuori città per spendere meno, nuovi aumenti significherebbero il superamento della soglia di accettazione da parte del mercato», afferma Mirko Bargolini, presidente di Fimaa Confcommercio Como.

Secondo un’elaborazione del Sole24Ore su base dati Omi (Osservatorio del mercato immobiliare) e statistiche fiscali delle Finanze, Como è al terzo posto fra le città italiane per maggior crescita dei canoni (davanti al capoluogo lariano,alla pari con Cagliari, solo Vicenza e Milano), che nel 2023 in relazione ai redditi pesano per una quota del 36%, quindi più della media nazionale (35,2%, dal 31,6% del 2018).

Fra i nuovi 1.550 contratti stipulati a Como nel 2023 il canone medio è di 761 euro mensili. Significativa, per Como, la crescita del costo del canone sul medio-lungo periodo: dal 2018 al 2023 l’incremento è stato del 4,9%, contro la media italiana del 3,6%, mentre gli affitti a canone concordato rappresentano il 20,3% sul totale contratti firmati lo scorso anno in città. Un’incidenza, quest’ultima, lontana dalla media nazionale che tocca il 47,9%. Tuttavia a Como il canone concordato ha segnato l’anno scorso un balzo dell’8,1%, quasi il doppio rispetto al 4,3% nazionale, un incremento che ha agevolato gli inquilini, dal momento che la cedolare secca blocca l’adeguamento del canone all’inflazione.

Per il resto invece i canoni sono aumentati più dell’inflazione: nel 2018, osserva il Sole24Ore, la mensilità media nei capoluoghi era 615 euro, l’anno scorso è stata di 731 euro: «Se l’incremento fosse stato identico all’inflazione rilevata dall’Istat a livello nazionale, quest’ultimo importo si sarebbe fermato a 715 euro».

Bargolini ricorda come da tempo l’associazione segnali che a Como città sia in atto una crescita di richieste di affitti di medio-lungo periodo che non riesce ad essere soddisfatta in quanto le case vacanza hanno in parte drogato il mercato. Non solo: «consideriamo anche – aggiunge - che Como vive la situazione legata ai frontalieri, che non sono più solo comaschi: noi abbiamo affittato a lavoratori che vengono da Roma, Napoli, Firenze che spesso si fermano da noi per circa un anno e mezzo andando però a lavorare in Svizzera, con possibilità di spesa evidentemente maggiore sull’affitto rispetto a chi lavora in Italia. Abbiamo ragazzi che fanno gli architetti in Svizzera e che prima abitavano a Milano».

Due flussi, quelli delle case con affitti brevi per vacanza e la domanda dei frontalieri, che vedono calare l’offerta di case in affitto e aumentare sempre più la domanda e «ciò – afferma Bargolini - ha peraltro avuto anche un riflesso di valorizzazione degli immobili sul mercato delle compravendite in città».

Il fatto che Como si trovi nella parte alta della classifica nazionale della corsa ai rincari dei canoni in parte può essere dovuto a un effetto generale di una città che vede alzare i propri standard per il fatto di essere meta turistica di fascia alta: «Como è piccola – aggiunge Bargolini – e anche per questo l’aumento dei costi si sente maggiormente rispetto a quanto avverrebbe in una grande città, con presenza di un maggior numero di immobili sul mercato. Come agenzie ciò che vediamo è che appena viene messo sul mercato un appartamento in affitto non c’è il problema di riuscire ad affittarlo, c’è la possibilità di scegliere il locatario migliore a cui darlo».

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