I social? Fanno curriculum: «Attenti alla reputazione»

I consigli Il professor Tommaso Abbiati, Career Service Iulm: «Utile il networking, contenuti da curare». Il cv: «La grafica parla». Gen Z: «I giovani vogliono sentirsi valorizzati»

Presentarsi al meglio attraverso un curriculum o un colloquio di lavoro richiede «una cura estrema, che per il recruiter è sintomo di reale interesse e capacità di presentarsi adeguatamente per una posizione». Ce ne parla Tommaso Abbiati, responsabile Partnership, Career Service e Rapporti con le Imprese dell’Università Iulm, un servizio che nel solo 2023 ha gestito 1.500 tirocini trasformatisi spesso in assunzioni visto che nel triennio 2021-2023 le proposte di assunzione al termine dello stage sono state 976. Circa il tasso di occupazione, a un anno dalla laurea magistrale in Iulm è dell’81,5%, più alto della media nazionale (72%), percentuale che a cinque anni dalla laurea sale al 92%.

Nel caso di un profilo junior cosa fa davvero la differenza sul primo impatto che un’azienda riceve dalla lettura di un curriculum?

A fare la differenza nel primo impatto è sicuramente il layout, quindi il formato e la struttura del testo. L’indicazione che diamo ai ragazzi è di organizzare il curriculum su un’unica pagina, suddiviso per paragrafi titolati, che sia sintetico ma completo. Farlo è una prima chiave di successo. Gli spazi devono essere ben utilizzati affinché il curriculum sia facilmente scorrevole, di lettura veloce, lasciando il recruiter ben disposto alla lettura per consentirgli di ricevere in modo rapido e verticale i vari contenuti.

Come orientate i ragazzi sui contenuti del curriculum?

Cerchiamo di dare un’indicazione che punti alla qualità dei contenuti lasciandoli il più possibile sintetici e rappresentativi. Suggeriamo di essere curati ed estremamente attenti a refusi ed errori di ortografia, cosa, questa, quasi banale da dire, ma va detta. Fare tutto ciò denota cura al dettaglio e attenzione al proprio profilo, caratteristiche che dimostrano al recruiter un reale interesse e capacità di presentarsi adeguatamente per una posizione.

Consigliamo anche di organizzare un curriculum che contenga più informazioni possibili, immaginando che chi lo legge possa così mettere in evidenza gli elementi distintivi che più incrociano le esigenze della posizione lavorativa per la quale la persona si candida.

E nel caso di candidatura spontanea?

In quel caso, quando non si risponde direttamente a una posizione aperta, è giusto mantenere un profilo meno adattato a un desiderata ma più in linea con i valori e l’identità dell’azienda.

Quanto è importante informarsi sull’azienda a cui ci si presenta?

Si tratta di un elemento fondamentale. Prima di qualsiasi colloquio è opportuno conoscere la possibile azienda per la quale si vuole affrontare un colloquio di selezione. Quindi è bene andare sul sito internet dell’azienda, sui suoi social, leggere in internet gli approfondimenti che la riguardano. Ciò allo scopo di comprendere la mission ma anche la cultura aziendale in termini di valori e politiche attuate non solo per sviluppare il business ma anche per la brand reputation.

E poi andare più verticalmente su prodotti e servizi, su progetti sviluppati dall’azienda e immaginare quali siano più in linea con le attitudini del candidato.

I social possono essere un’arma a doppio taglio nell’esposizione dei giovani verso il mercato del lavoro?

I social sono uno strumento importantissimo e imprescindibile per la fase di ricerca di lavoro, ma certo presentano pro e contro. Un primo vantaggio sta nel consentire ai giovani di fare networking: pensiamo ad esempio a Linkedin, dove uno studente o un neo laureato ha già la possibilità di conoscere professionisti del proprio settore di interesse, comprendere come hanno sviluppato la loro storia professionale, seguirli con post o eventi. Dall’altro lato i social sono utilizzati dai recruiter per uno screening informale dei candidati, quindi nel momento in cui la nostra immagine è pubblica attraverso post, foto, contenuti è giusto anche pensare che ciò che vogliamo proiettare di noi stessi nel libero mercato di internet è bene curare i contenuti e i messaggi che si vogliono trasmettere all’esterno.

Qual è il criterio con cui il vostro servizio crea il matching fra domanda e offerta?

Da un lato gestiamo ogni anno migliaia di studenti e laureati nella parte di orientamento e inserimento e professionale, dall’altro gestiamo migliaia di aziende che collaborano con noi ogni giorno per l’inserimento di persone in state curriculare o extracurriculare o per vere e proprie assunzioni.

Nel momento in cui cerchiamo di fare matching fra domanda e offerta guardiamo in primo luogo i requisiti dell’azienda in modo da incrociarli con le conoscenze e competenze tecniche sviluppati nei diversi corsi di laurea. Ciò proprio perché avendo tre facoltà differenti (Comunicazione, Arte-Moda-Tursimo e Interpretariato e traduzioni) i profili sono eterogenei. Individuiamo l’azienda, il ruolo che sta cercando e lo incrociamo con il data base dei nostri studenti e con le diverse competenze dei singoli corsi di laurea.

In secondo luogo evidenziamo e valorizziamo eventuali prime esperienze pregresse, di stage o lavorative, ma anche di studio all’estero e di volontariato che potrebbero essere utili. Nel nostro servizio di Career service c’è un gruppo di persone dedicate che si occupano di career advisory e ogni giorno si interfacciano con studenti e laureati per sviluppare la parte attitudinale del profilo individuale, in quanto oltre alle competenze tecniche sempre più le aziende guardano alle soft skill.

Gestite un feedback sul successo degli inserimenti?

Non è facile in quanto se una candidatura passa attraverso il nostro servizio a seguito di specifiche richieste delle imprese riusciamo a mapparla, diversamente se uno studente applica liberamente attraverso le richieste delle aziende che noi pubblichiamo nei nostri canali social e nella nostra piattaforma di ricerca lavoro la relazione prosegue direttamente fra azienda e candidato. Di ciò giustamente non teniamo traccia, se no nattraverso la relazione umana che ci piace mantenere con gli studenti.

Nel vostro dialogo con le aziende quanto queste tengono conto delle nuove tendenze in atto nel mercato del lavoro dei giovani, che chiedono più flessibilità di orari per dedicare più tempo alla vita extra lavoro?

Confermiamo la tendenza di quello che è un bisogno estremamente esplicito che la generazione Z, dai ventenni, stanno portando nel mercato del lavoro Se un tempo si valutavano il tipo di posizione, lo stipendio, il luogo di lavoro e il tipo di azienda per cui andare a lavorare oggi invece c’è un elemento aggiuntivo estremamente importante dato dal work-life balance: i giovani hanno bisogno di sentirsi valorizzati rispetto alle loro competenze in senso salariale e della qualità dell’occupazione, ma danno anche estrema importanza al proprio tempo e benessere.

Questo è un elemento veramente di sfida che le aziende stanno iniziando a cogliere e che devono necessariamente cogliere per poter attrarre giovani talenti. Sono convinto che il mercato del lavoro evolverà in tale direzione in quanto questo portato si estenderà verticalmente, come stiamo già vedendo dal Covid in avanti, con l’introduzione dello smart working, del lavoro agile, di tutti i piani dedicati al benessere dei lavoratori.

Tutto andrà necessariamente e anche giustamente in tale direzione anche proprio grazie a questa visione nuova che stanno portando i giovani.

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