Il futuro incerto dell’autotrasporto. Mancano gli autisti

Risorse umane In provincia di Como mille aziende e una cronica difficoltà nel reperimento dei lavoratori. Galli: «Giovani con poco entusiasmo, è il primo ostacolo»

Le imprese dell’autotrasporto in Lombardia sono 12mila, mentre erano oltre 15mila dieci anni fa, con una perdita (dal 2013 al 2023) di 3.500 imprese, meno il 22% secondo la Cgia di Mestre. A Como ci sono poco meno di mille imprese di autotrasporto, 995, sul totale delle 98mila italiane, in cronica sofferenza per la mancanza di autisti.

In Italia sono almeno 22mila i camionisti che non si trovano sul mercato del lavoro. Stress, impegno fisico e orario di lavoro hanno reso questa professione meno attrattiva, inoltre serve possedere la patente di guida professionale (Cqc), che ha un costo importante.

Nel giro di qualche anno, a seguito della difficoltà di trovare nuovi autisti, non è da escludere che il settore sprofondi in una pesante crisi per mancanza di personale.

Tuttavia il nostro non è un Paese facile per i trasporti. L’orografia è complessa e complica interventi per reti ferroviarie, infrastrutture e comunicazioni. Difficile che in breve tempo il trasporto delle merci viaggi solo su rotaie, peraltro per le piccole tratte in gran parte dismesse negli anni ’70. «Il trasporto delle merci su gomma sarà ancora in gran parte indispensabile per almeno altri dieci o quindici anni – sostiene Roberto Galli, imprenditore nel settore trasporti con l’azienda comasca F.lli Galli e presidente di Confartigianato Como– e la necessità imprescindibile di trasportare le merci si scontra con la carenza di autisti ormai da anni. La prima ragione è che è calata la passione, fondamentale per svolgere questo lavoro, come per qualsiasi altra professione. La mancanza di entusiasmo tra i giovani rappresenta il primo ostacolo al ricambio generazionale».

Gli ostacoli

C’è poi da superare l’esame per la patente di guida professionale, giustamente difficile e anche costoso. «Oggi ottenere una patente di guida comporta un investimento significativo inoltre il processo per ottenere la patente per camion o quella professionale può durare diversi mesi – prosegue Galli - in passato le aziende tentavano di incentivare coloro che volevano intraprendere questa carriera, ma i risultati non sono stati soddisfacenti. Alcuni iniziavano il percorso con costi parzialmente coperti dall’azienda per poi abbandonare il lavoro dopo breve tempo, spesso dopo un anno, per varie ragioni».

Sono anche cambiate le modalità per la gestione del tempo: in passato, era possibile tornare a casa dopo il lavoro; oggi, a causa del traffico, molti autisti sono costretti a pernottare lontano da casa. I più giovani, in modo simile a quanto accade nel mondo del turismo, non rinunciano ai fine settimana e alle sere libere.

L’attrattività

«Come primo passo per aumentare l’attrattività della professione, stiamo attuando forme di sostegno per i dipendenti, collaborando con il mondo del lavoro e fornendo interventi che spaziano dal welfare alle agevolazioni familiari – aggiunge Roberto Galli - sono iniziative destinate a supportare coloro che, con merito, aspirano a intraprendere il percorso per ottenere la patente professionale. Tuttavia i risultati non sempre sono all’altezza delle aspettative: in media, riusciamo a formare solo 2 o 3 autisti su dieci. Fino a 10-12 anni fa, quando si trattava di sostituire un dipendente o assumere un nuovo autista, ci si rivolgeva a un’autoscuola chiedendo al proprietario di indicare il più promettente tra gli studenti. Questo approccio portava invariabilmente all’individuazione di persone valide da far crescere, investendo alcuni mesi per addestrarle. Oggi, se ci si reca in una scuola guida, è probabile non trovare nemmeno chi sta seguendo quei corsi».

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