Intelligenza Artificiale. La grande occasione è imparare a usarla bene
Innovazione L’impatto della tecnologia sul lavoro e la vita sociale. «Nelle scuole formazione di base carente, serve più consapevolezza»
«Finiremo come in Matrix?» ha chiesto un’insegnante ieri a Young, al convegno dal titolo provocatorio: “L’intelligenza artificiale eliminerà il mio lavoro?” organizzato da Zelando, azienda lecchese di sviluppo software. Il responsabile, Lorenzo Longatelli, ha rassicurato solo il parte: «siamo persone e come tali curiose, bisognerà vedere fino a quale punto ci spingerà la nostra curiosità e capacità di ricerca e quanto il senso di responsabilità saprà aiutarci a governare i processi che l’Intelligenza Artificiale sta innescando nella società».
Sono stati numerosi i ragazzi che hanno assistito all’incontro, circa una cinquantina di diversi Istituti del territorio.
Si è indagato su come l’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il mondo del lavoro e non solo, cercando di spiegare cosa sia, come funzioni e se si è pronti per il cambiamento che sta accadendo a tutti i livelli e in quasi tutte le professioni.
L’obiettivo
In una modalità dialogante Lorenzo Longatelli insieme a Sergio Passador, responsabile ricerca e sviluppo nell’ambito dell’AI di Zelando, hanno spiegato che: «l’iniziativa, che ripetiamo con entusiasmo dopo l’esperienza positiva dello scorso anno, mira a sensibilizzare su un tema che consideriamo fondamentale per i giovani che si affacceranno al mondo del lavoro nel prossimo futuro».
Si è partiti dall’inizio, dalla storia dell’Intelligenza Artificiale e anche degli scacchi che offre un interessante parallelo con la situazione attuale riguardo l’AI e la creatività umana. «Nel XVIII secolo, l’Europa fu affascinata dal “Turco”, un automa meccanico che sembrava giocare a scacchi autonomamente, sconfiggendo avversari illustri tra cui Napoleone Bonaparte e Benjamin Franklin. In realtà, si trattava di un inganno: un abile scacchista nascosto all’interno della macchina controllava i movimenti. Il Turco rappresentava il desiderio umano di creare una macchina capace di replicare l’intelligenza – ha raccontato Longatelli - nel 1996, il campione mondiale di scacchi Garry Kasparov affrontò Deep Blue, un supercomputer sviluppato da IBM. Kasparov vinse il primo match, ma l’anno successivo, nel 1997, Deep Blue lo sconfisse in una storica rivincita. Fu la prima volta che un computer riuscì a battere un campione mondiale in una competizione regolamentare».
La sfida
Questo evento segnò un punto di svolta, dimostrando che le macchine potevano non solo eguagliare ma anche superare le capacità umane in compiti complessi.
«Oggi ci troviamo in una situazione analoga a quella di Kasparov contro Deep Blue – ha osservato Lorenzo Longatelli - siamo impegnati in una partita a scacchi metaforica con l’Intelligenza Artificiale, dove la posta in gioco è il futuro del lavoro e della creatività umana. Come Kasparov, possiamo sentirci sfidati e forse minacciati, ma abbiamo anche l’opportunità di crescere e collaborare con queste nuove tecnologie».
Abbiamo quindi già attraversato un cambiamento epocale che ha visto sfidarsi persone e macchine. Allo stesso modo, è la tesi dei professionisti di Zelando, dovremo affrontare anche questo secondo passaggio che sta accadendo proprio ora. «In futuro succederà ancora un confronto come quello di allora, crediamo sia solo una questione di diversa potenza computazionale – hanno spiegato i due sviluppatori – e vogliamo chiarire i diversi aspetti, luci e ombre del ricorso all’AI perché pensiamo che, soprattutto nelle scuole, non ci sia ancora una formazione di base che permetta di sfruttare queste capacità con la dovuta consapevolezza di ciò che si sta facendo. Si rischia infatti di utilizzare l’intelligenza artificiale come un’estensione della nostra mente in modo totalmente improprio, senza avere le basi per valutare se le risposte che ci vengono date sono giuste o sbagliate».
L’obiettivo dell’incontro è colmare la lacuna formativa su questi argomenti complessi, per sensibilizzare la prossima generazione.
«Dato che la nostra azienda utilizza strumenti di intelligenza artificiale, anche se non al 100% come faremo in futuro, ci siamo già resi conto che un giovane che esce da un istituto professionale ha un livello di conoscenza e capacità che è inferiore rispetto a quello dell’Intelligenza Artificiale nella scrittura del codice. Quel ragazzo deve quindi sviluppare la capacità di utilizzare questa tecnologia con consapevolezza» hanno concluso Longatelli e Passador.
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