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(Foto di Archivio)
Finanza Ernesto Mauri, direttore di Bcc Brianza Laghi esamina le ricadute dell’attesa mossa di Bce: «Aiuto alle nostre aziende»
Ci sono le premesse perché, in settembre, i tassi di interesse vengano ridotti in modo più significativo di quanto accaduto prima dell’estate.
Nella direzione di un progressivo taglio dei tassi si muove al Fed americana: il processo di riduzione del costo del denaro dovrebbe iniziare in settembre anche se non è stata ancora comunicata l’entità dei tagli.
Le attese ora sono rivolte alla Banca centrale europea: ci si aspetta che segua la decisione degli Stati Uniti. «Ovviamente lo auspico», così ha detto il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, a margine del Meeting di Rimini, alla richiesta di un commento sulla possibile riduzione dei tassi di interesse a settembre da parte della Bce.
«Sì, è una buona notizia. Al momento però riguarda la Fed; adesso ci si aspetta che anche la Bce riduca i tassi. Diciamo che il mercato ha già un po’ scontato la notizia perché, da quando è sceso l’ultima volta il tasso Bce, a giugno scorso, dal 4,54% al 4,25%, anche l’Euribor è già sceso di ulteriori 25 punti, attualmente intorno al 3,75% e 3,70%. Ora l’IRS, cioè l’Euribor, è andato al 3,53%, questo vuol dire che i mercati hanno già recepito la diminuzione dello 0,25%. Anche la Bce ha annunciato che continueranno in questa direzione – è l’analisi di Ernesto Mauri, direttore generale Bcc Brianza e Laghi – tutto ciò permette alle aziende di risparmiare sulle condizioni: scendendo l’Euribor, stanno pagando meno interessi».
La riduzione dei tassi di interesse dovrebbe anche avere un deciso riflesso sul costo dei mutui per la casa e quindi ci si aspetta un aumento delle richieste. «Per i giovani che intendono acquistare casa, i mutui oggi vengono comunque stipulati quasi sempre a tasso fisso, quindi il parametro di riferimento è l’IRS – spiega Ernesto Mauri - l’IRS a trent’anni è già a 2,30%, il che significa che è sceso anche parecchio ed è già a un livello interessante. Infatti, considerando 2,30% più l’eventuale spread che applicano le banche, siamo intorno a 3,33% di tasso fisso a trent’anni. Non è affatto male e comunque non si tornerà, spero, al tasso molto basso di qualche tempo fa. C’è stato un momento in cui i tassi per la prima casa a trent’anni, offerti da alcune grandi banche, erano allo 0,75%. Con tassi così bassi, non si paga nemmeno il rischio che le banche hanno quando concedono i mutui; inoltre, la Bce chiede comunque degli accantonamenti alle banche su tutte le posizioni di mutuo».
Dal 2019 ad oggi però si è trasformato un intero sistema economico e sociale, il paradigma che rendeva coerenti e solidali stipendi, mutui, interessi è stato stravolto da nuovi equilibri internazionali che ancora devono essere definiti. Regna comunque una sensazione di incertezza che pesa sui mercati ma anche sulle scelte delle famiglie.
«Ora le condizioni generali sono cambiate; una volta gli stipendi venivano adeguati, quindi i tassi erano più alti. Adesso, invece, è sempre più faticoso ricevere adeguamenti di stipendio. Le persone che fanno investimenti sulla casa, i dipendenti, soprattutto i piccoli artigiani, hanno bisogno di avere un dato certo e fisso. Se il mutuo è intorno al 3% è più che ottimo per un tasso fisso a trent’anni; per cui va bene – conclude il direttore - si va verso una stagione di stabilizzazione e anche i tassi variabili saranno meno rischiosi, anche perché le condizioni economiche non sono delle migliori. C’è ancora molta incertezza e vedo che le aziende nella nostra zona non hanno tantissimi ordini di portafoglio. Per queste variabili globali, avere tassi più bassi è sicuramente un bene.
Ci aspettiamo che il Governo vari alcune misure per incentivare gli investimenti, perché bisogna sostenerli con opportune agevolazioni in un momento in cui l’economia si è in parte rallentata».
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