La seconda vita del pane. Così a Como nasce la Biova Beer

La “Biova Bread Beer Lago di Como” nasce da pane invenduto donato dai panettieri. Con 150 kg di pane recuperato si producono 2.500 litri di birra, dai quali si ottengono più di 7.575 bottiglie da 33 cl

I dati sullo spreco di pane sono impressionanti: nel nostro Paese parliamo di 1.300 tonnellate al giorno, ossia un terzo di tutta la produzione Italiana. Una realtà insostenibile a livello energetico, etico ed economico». Parte da questo numero il racconto di Franco Dipietro, uno dei fondatori di Biova Beer, startup e b-corp con un obiettivo preciso: combattere lo spreco dando nuova vita agli scarti. «La nostra birra nasce per recuperare surplus e invenduti della catena alimentare. Partendo proprio dal pane, volevamo usare il cibo che normalmente viene gettato via come materia prima, per ridurre lo spreco e, al tempo stesso, utilizzare meno risorse rispetto a una produzione standard, diminuendo così la pressione sull’ambiente anche a livello di emissioni».

L’esperimento è riuscito e Biova Beer si è trasformata in breve tempo in un caso di successo. Di recente, tra le altre cose, ha vinto il Pitch Contest di H Farm (uno dei più grandi incubatori di start up d’Europa) e ampliato notevolmente la propria selezione di prodotti. Tutto è partito da Torino nel 2018 e poi, nel 2020, è arrivato il primo progetto avviato fuori dal territorio piemontese, ossia quello attivato da Biova sul lago di Como. «In un certo senso - aggiunge Dipietro - Como è stata la Provincia più lungimirante d’Italia! Qui il nostro progetto è stato subito ben accolto, anche grazie ad una associazione di panifici molto disponibile ed efficiente. Abbiamo lavorato molto bene sia con Confcommercio e sia con tutti i singoli distributori. Questo ambiente positivo ha fatto crescere il progetto, siamo passati dal produrre 2500 litri al produrre 10.000 litri di birra “comasca”».

La “Biova Bread Beer Lago di Como” nasce da pane invenduto donato dai panettieri. Per farsi un’idea, con 150 kg di pane recuperato si producono 2500 litri di birra, dai quali si ottengono più di 7575 bottiglie da 33 cl e, secondo i calcoli di Biova Beer, si evita l’emissione di 1365 kg di CO2. Grazie al recupero e all’impiego del pane, viene sostituto dal 30 al 50% della quantità di malto d’orzo solitamente necessario per la produzione della bevanda. E persino il malto utilizzato da Biova trova una nuova vita. In genere, infatti, dopo aver rilasciato i propri aromi e zuccheri nel mosto che diventerà poi birra, il malto viene scaricato. Nel migliore dei casi diventa compost o mangime per gli animali, nel peggiore finisce in discarica. Biova Beer invece lo utilizza per produrre i suoi Ri-Snack, dei triangolini croccanti venduti in busta.

Come si legge sul sito di Biova, la birra comasca è ispirata alla ricetta della Kölsch, quindi una chiara dalla grande bevibilità, e ha “l’odore del pane e il sapore del sale”. «Sì, si tratta di una birra con un sapore caratteristico - spiega Dipietro - anche per il pane venduto sul lago, che è prodotto con grani particolari e ha un suo grado di sapidità specifico. In Italia sono rare birre del genere, generate da ingredienti locali». Oggi è distribuita sul territorio lariano, nei panifici e in alcuni hotel come il Mandarin Oriental e il Grand Hotel Suisse. Negli ultimi anni, Biova ha attivato esperienze simili a Bergamo, a Milano nel quartiere di San Salvario a Torino e in alcune Regioni (Veneto, Liguria e Campania), ma anche iniziato a sperimentare con altri tipi di materie prime. Con il brand Cellini, ad esempio, ha sviluppato da poco una birra scura creata a partire dal caffè recuperato da capsule non conformi, scartate durante il processo di produzione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA