Economia
Venerdì 26 Luglio 2024
L’auto elettrica non vola: è colpa dell’incertezza
L’intervista Ancora confusione su incentivi, infrastrutture, tecnologie. Francesco Timpano, direttore di Cespem: «Rischiamo di perdere un pezzo molto importante della nostra industria»
Ci sono troppe incertezze sugli incentivi, sulle infrastrutture di ricarica, sugli investimenti in ricerca per nuove batterie; il mercato europeo è fermo, ma la Cina corre». Parole di Francesco Timpano, professore ordinario di Economia Politica all’Università Cattolica, sede di Piacenza, e direttore del Cespem-Centro Studi di Politica Economica e Monetaria “Mario Arcelli”.
Produttori e consumatori sembrano non voler ancora dare slancio all’auto elettrica, al contrario di ciò che accade per l’auto ibrida. Di cosa è specchio questa tendenza italiana?
Penso che questa tendenza sia figlia di un dibattito politico malato che ha reso l’auto elettrica terreno di scontro politico. E’ peraltro evidente che la transizione sia complessa e che non si può capire dall’andamento di un solo anno come si evolverà il mercato.
Il rallentamento dello sviluppo di mercato dell’auto elettrica può essere dovuto anche alla mancanza di incentivi e all’attesa che arrivassero, visto che quando gli incentivi sono arrivati il mercato ha risposto.
Incentivi scarsi, visto che per l’auto elettrica sono stati bruciati in poche ore con l’ultima tornata di contributi?
Gli incentivi sono stati costruiti per dare all’auto elettrica il 25% della somma messa a disposizione, alla fine è un apporto piuttosto limitato rispetto ai costi elevati dell’auto elettrica. Il mercato ha bisogno di certezze, sia dal lato domanda sia dal lato offerta, di certezze per potersi sviluppare. Ne hanno bisogno i costruttori e i consumatori: se invece il quadro di riferimento viene continuamente modificato e le tensioni sul mercato si fanno sentire frequentemente, quel mercato non trova spazio. Pensiamo invece alla Norvegia, con una quota elevatissima di immatricolazioni di auto totalmente elettriche, sostenute dai contributi di Stato. Anche in Cina è così, visto che oggi gran parte delle immatricolazioni cinesi sono orientate sull’elettrico. Fuori dalla Cina i cinesi agiscono per motivi di mercato, ma l’aspetto interessante è che lo stanno facendo in Cina in quanto si stanno ponendo, affrontandolo, il problema delle emissioni. Sono organizzati, stanno investendo da molto più tempo rispetto a noi.
A elezioni europee concluse, viene riaffermata dalla presidente della Commissione la linea sulla transizione green. Il 2035 non è così lontano ma sembra che fra le imprese e anche nella politica prevalga lo scetticismo rispetto all’auto green. Nel frattempo cosa rischia il settore, anche dal punto di vista della continuità d’impresa e dei posti di lavoro?
Il ridimensionamento dei piani delle case automobilistiche europee sull’auto elettrica si è verificato in parte per l’incertezza sui risultati delle elezioni politiche europee, inoltre in tal senso le elezioni oltre ad aver confermato la precedente maggioranza con in più l’aggiunta dei Verdi. Quindi mi aspetto un’accelerazione su quel fronte. Il 2035 è dietro l’angolo ed è ancora una scadenza intermedia, in quanto dopo quella data rimarrà in pista l’usato ancora per molti anni. L’assetto vero e proprio cambierà nel 2050. Ma l’eccesso di incertezza mette in crisi il settore in modo importante, con tutte le conseguenze per le imprese e per il lavoro. Vediamo ora come si muoverà la Commissione europea.
Cosa si aspetta per quanto riguarda l’Italia?
Per quanto riguarda il nostro Paese, se la politica lancia segnali contraddittori su questo tema il consumatore si ferma. Dovremmo fare in modo che su questi temi, al netto delle correzioni di rotta che possono esserci nel percorso verso la transizione, bisogna decidere un trend e perseguirlo.
L’Europa rischia di rincorrere i cinesi?
Sì, un intero settore rischia di rincorrere i cinesi. Se le grandi case automobilistiche europee per poter produrre auto elettriche dovranno rivolgersi (come già accade) ai cinesi, anche perché le sanno fare e le fanno anche a buon prezzo, è evidente che perdiamo un pezzo molto importante della nostra industria. Detto ciò, certo possiamo mettere certamente tutti i dazi possibili, ma i dazi non hanno mai migliorato la qualità dell’ambiente economico di un Paese. Saremo quindi costretti a non ridimensionare significativamente la presenza di auto endotermiche con il risultato di maggiori emissioni rispetto all’elettrico, sebbene si stiano facendo miglioramenti sull’endotermico.
Il Pnrr ha un obiettivo ultimo di finanziare l’attivazione di almeno 21.255 punti pubblici di ricarica rapida sul territorio italiano entro il 31 dicembre 2025, ma fino ad oggi i bandi ministeriali di finanziamento per sostenere fino al 40% dei costi non sono andati bene. Cosa ne pensa?
L’anno scorso son stati pubblicati dei bandi che non sono stati utilizzati, come purtroppo accade col Pnrr, e a non utilizzarli è stata anche un’azienda come Eni.
I due bandi dello scorso anno, che erano parziali, non sono andati bene e addirittura per le centraline in ambito extraurbano non è stato assegnato alcun contributo rispetto al totale di 150 milioni di euro totali previsti. Quindi i due bandi sono stati spostati sul nuovo bando uscito nel maggio 2024 e mi auguro che questa volta funzioni. Ci sembra decisamente peculiare il fatto che un’azienda importante come Eni non abbia dato seguito a tale tipo di impegno. Un’azienda che gestisce colonnine e si trova in un contesto di grande incertezza sul futuro di queste infrastrutture qualche pensiero sulla situazione lo fa. Questo è il tema. Quando si fanno le transizioni o si va decisi verso una direzione in modo coordinato fra politica, aziende e cittadini, altrimenti quella transizione non si realizza. A preoccupare è il fatto che se si vuol capire se un elettore è di destra o di sinistra sia sufficiente chiedergli come la pensa sull’auto elettrico e, comunque la si pensi in senso politico, questo comunque non va bene. L’auto elettrica è diventata pretestuosa per ragioni di bandiera. La transizione verde è troppo importante per essere ridotta a ciò.
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