Lo stracchino conquista i mercati. È una ricchezza della Valsassina
Ad Agrinatura un incontro dedicato alle lavorazioni tipiche e alla cultura casearia di montagna. Fabio Silva, chef del Derby Grill ha presentato un piatto con le primizie di stagione
Gli stracchini della Valsassina, dalla teoria alla padella, conditi con qualche riflessione sui menù turistici e gli scarti alimentari.
Ieri pomeriggio ad Agrinatura nell’Arena Centrale di Lariofiere, si è tenuto un focus, curato da Coldiretti, dedicato agli stracchini della Valsassina. Protagonisti della chiacchierata e del contestuale showcooking, il critico gastronomico Jacopo Fontaneto e Fabio Silva, executive chef del Derby Grill e hotel De La Ville di Monza.
«Gli stracchini sono una macro famiglia di formaggi che comprendono anche il taleggio e il gorgonzola, prodotti tipici lombardi, ma soprattutto della Valsassina – ha spiegato Fontaneto - Dal territorio della provincia di Lecco attiguo alla bergamasca, si perpetua questa tradizione di formaggi morbidi, i valsassinesi producono uno stracchino simile al taleggio come forma e pasta, altri stracchini sono diversi, il gorgonzola per esempio è un erborinato. Si chiamano così perché sono fatti con il latte delle “vacche stracche”, ovvero con il latte munto nel periodo della fine dell’alpeggio quando gli animali tornano a valle. È una tradizione che continua tuttora anche se si sono perse le lunghe transumanze di un tempo. Un processo di osmosi tra montagna e pianura».
Fontaneto ha ricordato che nei Promessi Sposi, viene nominato lo stracchino quando Renzo chiede lumi su una tappa che deve affrontare e gli suggeriscono “vai a Gorgonzola”, e Manzoni sottolinea che Renzo parte “col nome di Gorgonzola in bocca”.
Collaboratore
Nel frattempo Silva con Daniele Ferro «un ottimo collaboratore, oggi difficili da trovare, che lavora con me da un anno» ha sottolineato lo chef, ha preparato un piatto che rappresenta il periodo di primizie che stiamo vivendo a base di piselli e asparagi «dei quali utilizziamo tutto, non ci sono scarti, accompagnati da un uovo di Cascina Gallina e una fonduta di stracchino. Dal tuorlo, cotto a 62 gradi e marinato con un aceto affumicato da noi, abbiamo ricavato un gel che abbiniamo a un albume cotto a vapore, sopra adagiamo una crema di asparagi, il fungo cardoncello e i piselli, il tutto rivestito con una pellicola realizzata con il baccello dei piselli e sopra polvere di baccello, aggiungiamo fiori, germogli di piselli e una fonduta di stracchino».
La cucina gourmet è caratterizzata dall’interattività del piatto, ha evidenziato Fontaneto che ha spiegato la differenza tra un piatto buono e uno recensito: «È difficile mangiare male in un ristorante oggi, ma non tutti i locali entrano nel giro della critica, un piatto è gourmet quando la risposta che fornisce assaggiandolo è emozionale, deve far scattare l’effetto wow dovuto alla precisione della cottura, alla scelta degli ingredienti e alla presentazione, deve essere mangiato prima con gli occhi. Un piatto ben fatto che ci rimanda a qualcosa di emozionante. Con gli stessi ingredienti Silva poteva “far da mangiare” preparando un minestrone, questa invece è “cucina cucinata”, chi studia fa questi piatti».
Il dibattito si è poi spostato sui menù turistici «che molto spesso comprendono i piatti che costano meno – ha osservato Fontaneto – dall’altra parte abbiamo invece il menù degustazione dove, togliendo magari un po’ di quantità, lo chef racchiude il meglio della sua proposta», menù che rappresentano veri e propri percorsi dove chi dirige la cucina si mette alla prova «la scelta tra menù turistico o di degustazione, fa capire qual è il progetto di un ristorante» ha concluso Silva.
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