Manodopera formata in Africa: «Si può fare»

Capitale umano Interesse di Cna e Confartigianato per l’idea lanciata dal presidente camerale Vergani. Ostacolo burocrazia e dubbi sulla barriera linguistica

È soprattutto al nord Africa che si guarda per cercare personale che possa rispondere alle esigenze di manodopera delle imprese.

L’ipotesi è già suggerita da Ezio Vergani, presidente della Camera di commercio di Como e Lecco, che invita a guardare oltre il Mediterraneo per sopperire alla carenza di lavoratori. Alcuni progetti sono già sui tavoli, ma si scontrano con il problema dei visti e della mancanza di una legislazione nazionale che possa governare meglio i flussi di personale preparato. Il secondo ordine di problemi riguarda la formazione: dalla conoscenza della lingua, all’integrazione culturale fino alla scolarizzazione di base che non sempre è abbastanza solida per costruire poi una competenza professionale.

In questo caso molto dipende dai paesi di provenienza. A settembre, una delegazione di Cna Lombardia ha visitato in Marocco due scuole di formazione professionale per l’alto artigianato locale, in particolare per il tessile e la moda: una a Marrakesh e una a Casablanca. Al gruppo ha partecipato Pasquale Diodato, presidente Cna Lario e Brianza: «Abbiamo osservato che gli enti di formazione di un Paese non troppo lontano dal nostro preparano i loro artigiani con attenzione. Ci è sembrato che uno scambio di professionalità e saperi possa essere possibile, con una integrazione per la formazione professionale». Un progetto che dà concretezza a un’idea: «Si potrebbero creare percorsi di formazione già nei Paesi d’origine – spiega ancora Diodato - ma per arrivare in Italia oggi, con la legge Cutro, vanno richiesti permessi che devono passare attraverso tre ministeri: del Lavoro, degli Esteri e degli Interni per il rilascio dei visti. Attrarre persone già formate potrebbe favorire il meccanismo burocratico dei visti, che resta complesso. A questo si aggiunge il problema della lingua e della sistemazione».

La risoluzione dei nodi burocratici è fondamentale, ma vanno sciolti a livello nazionale. A questo tema, in parallelo, si affianca il problema della formazione che dev’essere di livello adeguato a quella richiesta dalle imprese. Si torna sulla questione della scuola per i giovani, ovunque sia la loro provenienza, ed è questo il cuore del problema come sottolinea Davide Gobetti, delegato alla formazione per Confartigianato Como e imprenditore tessile. A fronte della difficoltà di trovare la forza lavoro per le pmi comasche osserva che «è un’opportunità valutare la possibilità di allargare il reclutamento di personale alle persone immigrate, ma serve un’impostazione complessiva strutturata e attenta. I tentativi già avviati sul territorio confermano delle difficoltà dovute soprattutto alla formazione di base che, per le imprese artigiane nel settore tessile e non solo, è una condizione imprescindibile per poi fornire ulteriore alta formazione specialistica».

Uno scenario quindi percorribile, ma senza dimenticare che resta prioritario l’orientamento e la valorizzazione dei giovani sul territorio. Per questo motivo Confartigianato Como ha aderito ai “Patti territoriali per l’orientamento e le competenze” con la Provincia di Como e Regione Lombardia e partecipato al bando regionale e ai progetti di formazione specifici per i disoccupati di ogni fascia d’età all’interno del programma Gol. Inoltre l’associazione è partner del progetto di orientamento di Cometa e Fav che prevede la visita alle aziende di giovani della secondaria di primo grado, inoltre collabora attivamente con molte realtà del territorio tra cui Fondazione Setificio, Museo della seta, Young, Cciaa Fav, Unesco Como e gestisce la segreteria del tavolo interassociativo per l’orientamento.

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