Meno frontalieri nella ristorazione, sanità più attrattiva

Occupazione Anche l’edilizia segna un calo degli occupati; - 573 permessi per lavoratori italiani rispetto a un anno fa

Pur senza lo scossone atteso da molti dopo il debutto - datato 18 luglio 2023 - del nuovo accordo fiscale, che - lo ricordiamo - ha introdotto il “doppio binario” (e dunque una doppia tassazione) per i nuovi frontalieri, dentro le pieghe dei dati relativi ai permessi “G” occupati in Ticino al 30 giugno si notano almeno due elementi degni della massima attenzione.

Ricordando che l’Ufficio federale di Statistica ha dato conto di 78925 frontalieri occupati nel Cantone di confine al 30 giugno scorso, è l’altro Ufficio di Statistica - quello cantonale - a far notare quale esempio calzante che i servizi di alloggio e ristorazione, storicamente considerati ad appannaggio quasi esclusivo dei frontalieri, hanno segnato il passo, lasciando sul campo nel breve volgere di dodici mesi qualcosa come 573 permessi “G” e dunque posti di lavoro. In particolare, la ristorazione sembra segnare il passo in maniera pesante, tanto che i permessi “G” sono passati da 3272 al 30 giugno 2023 a 2758 dello scorso 30 giugno, dunque 514 in meno.

Crisi del settore alberghiero

Da capire se questo calo rilevante sia da ricondurre alle nuove regole d’ingaggio del nuovo accordo fiscale oppure allo stato di pesante crisi che sta attraversando la ristorazione ticinese, con l’Associazione di categoria di riferimento - GastroTicino - che di recente in una lunga nota ha parlato di “settore in ginocchio”, ventilando “il rischio di chiusure soprattutto tra fine anno e l’inizio del 2025”. Una situazione contingente dettate dall’appeal turistico in calo del Ticino e dalle pesanti ondate di maltempo che hanno caratterizzato il mese di luglio e soprattutto la prima metà di luglio.

Tornando ai numeri dei frontalieri occupati in Ticino, al segno “meno” dell’hotellerie e della ristorazione fa da contraltare l’aumento dei permessi “G” occupati nel florido segmento della sanità, che sono passati dai 5341 del 30 giugno 2023 ai 5550 dello scorsa fine di giugno. Ciò significa che nonostante la nuova intesa - giudicata economicamente meno appetibile da numerosi frontalieri - la sanità ticinese continua a fungere da “calamita” per tanti lavoratori delle zone di confine. Anche il dato intermedio del 31 marzo scorso (5472 permessi “G) ha fatto segnare un aumento rispetto al giugno del 2023. A tracciare un bilancio in presa diretta dopo i dati forniti dall’Ufficio federale di Statistica ci ha pensato ieri Matteo Mandressi, responsabile frontalieri della Cgil di Como.

La questione salariale

«Non si è assistito ad un crollo del numero dei frontalieri occupati in Ticino - le sue parole -. Di sicuro si è assistito però ad un decremento della crescita rispetto al periodo antecedente la piena operatività del nuovo accordo fiscale. Il dato oggettivo che si può estrapolare da questi numeri è che le retribuzioni svizzere restano attrattive. A questa circostanza oggettiva va aggiunto che il fatto di avere in Ticino una legge che regolamenta il salario minimo risulta di grande aiuto soprattutto per i redditi bassi. La riflessione va semmai fatta sul nostro lato del confine. E questo perché dobbiamo ragionare sull’emergenza salariale italiana. Al momento, non ci sono i presupposti, salvo qualche eccezione, perché il Ticino possa non essere più così attrattivo per i nostri frontalieri. Bisognerà ora capire quanto inciderà in futuro il fenomeno dei salari al rialzo». Da segnalare infine che anche un altro comparto storico, come quello dell’edilizia ticinese, ha visto un leggero calo dei permessi “G” attivi.

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