Il caso di Molini Lario: ieri una realtà padronale, oggi una azienda manageriale

La svolta Il rilancio di Molini Lario di Alzate Brianza con la presidenza di Giacomo Bozzi. Rinnovamento culturale e organizzativo: «E i risultati sono arrivati»

In oltre cento anni di storia, Molini Lario ha segnato la sua rinascita poco più di dieci anni fa, quando è subentrato alla presidenza Giacomo Bozzi, che ha impresso un cambiamento attraverso una gestione manageriale, volano per la crescita.

«In qualità di azionista ho fatto parte del Consiglio di amministrazione di Molini Lario per molti anni, perché mio nonno Giacomo Valsecchi fu uno dei fondatori dell’azienda, oltre che direttore generale e amministratore delegato dal 1919 al 1959 – racconta il presidente Bozzi - nel 2011 sono stato chiamato a fare il presidente a fronte di una situazione delicata. Molini Lario era stato gestito nel passato con uno stile padronale, mentre la mia cultura aziendale era completamente differente».

Giacomo Bozzi è stato presidente e amministratore delegato della filiale italiana di un Gruppo internazionale che riunisce molti marchi globali del lusso. Da quella dimensione ha scelto di occuparsi della storica azienda di produzione di farine con, oggi, 35 dipendenti e sede ad Alzate Brianza.

«Avevo un’esperienza di trent’anni nel modo del lusso e questo mi ha sicuramente aiutato per applicare poi, in un contesto differente, quell’insieme di competenze manageriali che avevo acquisito – prosegue Giacomo Bozzi - quella era la mia cultura che quindi era ben diversa da quella che esisteva in azienda in quel momento. Di lì nasce la mia volontà di modificare lo spirito e i valori di Molini Lario per portare l’impresa da una logica padronale a una logica manageriale. Un passaggio che ha richiesto un po’ di anni, ma che poi, a mio parere, ha ottenuto un risultato ottimo, senza riserve».

Una serie di passi successivi hanno progressivamente modificato la società, anche se il cambiamento è avvenuto abbastanza velocemente.

Per primo si è intervenuto sull’innovazione tecnologica. «L’azienda è iper-automatizzata, questo consente di produrre ben 85.000 tonnellate di farina all’anno – spiega Giacomo Bozzi - i volumi sono molto importanti: se il prodotto è povero, è necessario produrre molto per ottenere un fatturato attorno ai 50 milioni con soltanto 35 dipendenti».

Sono due le leve utilizzate dal nuovo presidente per attuare la trasformazione: la valorizzazione delle competenze interne e l’introduzione di nuove figure.

Il primo passo è stato quello di individuare le risorse umane interne che avevano la possibilità di crescere e conferire loro l’acquisizione di un ruolo. Per attuare un cambiamento di cultura aziendale si è provveduto alla valorizzazione di operatori che erano già in azienda: persone che magari avevano un ruolo minore sono stati portati abbastanza velocemente a un buon livello di autonomia, di capacità di gestione, in una logica di delega di responsabilità. Si sono affidati loro ruoli forti e importanti.

Inoltre sono state anche inserite nuove professionalità, persone che arrivavano dall’esterno e anche loro sono stati incaricati di ruoli con una adeguata autonomia manageriale, attraverso deleghe di responsabilità.

«L’obiettivo è stimolare il piacere di lavorare, che non è certamente cosa da poco, nel senso che questa maggiore autonomia, questa maggiore responsabilità crea un forte attaccamento all’azienda – precisa Giacomo Bozzi – ritrovare il piacere di lavorare è qualcosa che, io credo, poi paghi, non soltanto le persone ma l’azienda, perché persone felici che lavorano con piacere danno all’impresa sicuramente molto di più.».

L’individuazione dei profili manageriali a cui affidare la guida operativa di Molini Lario ha privilegiato l’appartenenza al territorio comasco. «Non avrebbe avuto senso inserire personaggi provenienti da grandi aziende multinazionali quando invece si parla di un’azienda storica di Como che vive in un preciso contesto e dimensione – ha aggiunto il presidente – per questo la scelta è stata per una professionalità elevata delle persone in ingresso, ma anche la loro coerenza con un certo tipo di cultura aziendale con dimensioni, legami e valori precisi. Questo permette che ci sia poi un’armonia complessiva all’interno del team di lavoro».

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