Nasce la cravatta bandana, si indossa al collo, al polso o in testa: più comfort se fa caldo

Accessori L’imprenditore comasco Stefano Cau l’ha presentata a Pitti ed è stata subito un successo

Rilanciata dalle passerelle grandi firme, e soprattutto riscoperta dai giovani, la cravatta è ancora una volta penalizzata dal cambiamento climatico mondiale.

«Le vendite della primavera estate hanno subito un calo a causa della persistente ondata di caldo - dice Stefano Cau, imprenditore comasco specializzato nella produzione di accessori uomo - hanno subito una contrazione anche in Giappone, il nostro principale mercato di sbocco, dove giacca e cravatta non sono semplicemente un modo formale di abbigliarsi, ma una vera e propria divisa».

Era già capitato nel 2005 durante la crisi energetica quando l’ex premier Junichiro Koizumi aveva chiesto ai suoi concittadini ciò che nessun altro governo aveva mai osato prima nel Paese del Sol Levante che ha fatto della forma la sua religione: “Con il caldo vi chiedo di lasciare negli armadi giacca e cravatta”. Un annuncio shock, che Koizumi aveva spiegato aveva lo scopo di far risparmiare edifici pubblici, banche e uffici sui condizionatori. «Per fortuna - rimarca Cau- l’abbandono del nodo è stato compensato da una maggior richiesta da sciarpe, sciarpine, Ascot, bandana fresche e leggere».

Da questo cambiamento dei consumi è nata all’imprenditore stilista l’idea della cravatta bandana. «L’ho presentata all’ultima edizione di Pitti, ed ha avuto un riscontro inaspettato su tutti i mercati. In pratica questo accessorio si può indossare sia in modo tradizionale sia annodato al collo, al polso, o in testa come una bandana. Nelle fantasie mi sono ispirato agli anni ‘50 e ’60 rivisitando soprattutto il pasley su fondi che richiamano il mare, la vacanza, la voglia di evasione dal quotidiano».

Grazie anche a questa novità, il brand è riuscito nei primi sette mesi del 2024 non solo a non perdere terreno in un momento storico di grandi difficoltà per la moda, ma a far crescere il fatturato.

«Certo, si tratta di pochi punti, +4% rispetto al balzo del 20% registrato nel 2023, ma siamo comunque soddisfatti vista la crisi che sta attraversando il settore- dice Cau - è stato strategico ampliare la rete vendita, sempre in Giappone, dove abbiamo cercato di entrare con la nostra collezione nei multimarca di alto livello. Oggi siamo presenti in 120 boutiques rispetto alle 90 di due anni fa. Con i piccoli retailers si fanno meno volumi, ma gli acquisti sono più mirati e soprattutto indirizzati verso un prodotto sartoriale, fatto ancora artigianalmente, con quell’attenzione e quella qualità che contraddistingue il made in Italy».

Cau punta anche sulla prossima riapertura dell’e-commerce, temporaneamente sospeso. «Riattiviamo le vendite online a fine agosto e ci stiamo concentrando sulla campagna a/i 2024-25 e p/e 2025. I contatti avuti sino ad ora sono molto confortanti».

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