L’estate al lavoro, per il 70% dei giovani il settore turistico non è più attrattivo

Capitale umano Nel 2024 richieste record: 440mila. Ma l’alta offerta si scontra con gli stipendi bassi e una precarietà diffusa. Cafagna (Anls): ora si fa sentire anche la decrescita demografica

Il settore turistico, da sempre trainante per l’economia italiana, vive un paradosso: da un lato, la richiesta di lavoratori stagionali è in aumento, con numeri da record per il 2024 (440mila richieste); dall’altro, la carenza di giovani disponibili, che lamentano stipendi bassi, orari flessibili e precari, mancanza di prospettive di crescita e condizioni lavorative non ottimali. Ben il 70% di giovani lavoratori non trova più il settore turistico attrattivo. Alcune analisi condotte da Federturismo, stimano che il settore turistico italiano abbia sofferto una carenza di circa 800.000 lavoratori, di cui una grande fetta di giovani. Questo, nonostante i dati da record del turismo degli ultimi anni.

Da diverso tempo, ogni anno, sentiamo parlare della carenza di giovani lavoratori nel settore turistico durante il periodo estivo, senza un quadro generale chiaro. «Questa è la realtà dei fatti - afferma Giovanni Cafagna, presidente dell’Associazione nazionale Lavoratori stagionali (Anls) -. Da quando è stato dimezzato il sussidio di disoccupazione per i lavoratori stagionali nel 2015, è iniziata questa tendenza».

Prima del 2015, infatti, i lavoratori stagionali lavoravano per sei mesi e gli altri mesi ricevevano il sussidio. I giovani vedevano il lavoro stagionale in modo diverso. «Il nostro è un Paese dalla vocazione turistica, le coste italiane sono lunghissime e chi ci abita vive di turismo» continua il presidente Giovanni Cafagna.

Con il sussidio questo era possibile, ma ora i giovani non vedono più il lavoro stagionale come una possibilità per una prospettiva di vita serena, la gente sta cercando di trovare una soluzione più sicura.

Il calo demografico

Al secondo posto, tra le cause della carenza di giovani nel settore turistico, c’è un dato scientifico e cioè il calo demografico della popolazione.

«La decrescita demografica negli ultimi anni inizia ad avere i suoi effetti. Tra gli anni ’70 e gli anni ’80» che rappresentano ora gli anni di chi è nel pieno della sua attività lavorativa «nascevano 800.000 bambini, ma tra il 2000 e il 2005 ne sono nati 500.000. Ogni anno entrano nel mondo del lavoro 300/400.000 persone in meno rispetto a venti o trent’anni fa, e questo è un grosso problema» afferma il Presidente dell’Anls.

Questo, ovviamente, è un problema che coinvolge tutti i settori, ma che nel comparto del turismo è accentuato dalla poca stabilità a livello economico. Inoltre, anche grazie allo sviluppo di nuovi settori, soprattutto nel digitale, le opportunità di avere condizioni di lavoro migliori e stipendi più alti, sono sempre di più.

Le conseguenze per il turismo

Le conseguenze del calo di giovani lavoratori, creano un effetto farfalla sull’intero settore turistico. Con una minore disponibilità di personale, i turni di lavoro sono più lunghi e questo causa difficoltà nel garantire un servizio efficiente di qualità. Attrarre i turisti, soprattutto stranieri, diventa un tema spinoso, vista la loro richiesta di un servizio di alto livello. Per provare a sopperire a queste problematiche, le imprese devono fare un possibile ricorso a lavoratori stagionali stranieri, con costi più elevati.

Le soluzioni, ci sono?

Le aziende hanno bisogno di lavoratori e i giovani di lavoro. Ma quali soluzioni si possono mettere in campo per risolvere questa dinamica? A detta dei rappresentanti di categoria, è un problema che lo Stato dovrebbe gestire come ha fatto parecchi anni fa quando è stato introdotto il sussidio, poi rimosso nel 2015. Per qualcuno che è obbligato per lavoro a mettere in stand-by famiglia, relazioni e la vita ordinaria, facendo sacrifici, ma che riceve dall’altra parte un sussidio per stare tranquilli nella restante parte dell’anno, il gioco può valere la candela. Ma così non è. Lavorare durante le stagioni non è facili, pur essendo le mansioni spesso umili e facili da imparare, servono delle predisposizioni che non tutti hanno, e chi le ha punta più in alto rispetto a quanto, attualmente, il settore turistico può dare. Sarebbero necessarie politiche di sostegno, con incentivi alle imprese che assumono giovani, agevolazioni fiscali e programmi di formazione specifici per il settore turistico.

Una palestra per le competenze

Al di là degli ostacoli burocratici, per un giovane il lavoro stagionale può essere una grande occasione per sviluppare alcune competenze trasversali che vanno al di là della mansione da acquisire. Sicuramente al primo posto c’è la gestione della pressione, unita alla gestione dei flussi di lavoro. Il problem solving e l’autonomia sono indispensabili, visto che si tratta di un settore in cui si fatica a trovare il tempo per spiegare la professione e le persone devono imparare facendo.

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