Sblocco licenziamenti
Coinvolti a Como
meno di 500 lavoratori

Platea ridotta dopo la proroga per il tessile. Il dato ricavato dalle persone in cassa a maggio. «Riformare gli ammortizzatori e le politiche attive»

Da oggi non esiste più lo scudo del blocco dei licenziamenti con una serie di distinguo e raccomandazioni che calmierano il termine del provvedimento a tutela del periodo di crisi economica dovuto alla pandemia. Proprio perché la difficoltà permane per il settore tessile, le aziende del comparto sono ancora sottoposte al blocco dei licenziamenti, fino al 31 ottobre. Non le altre, fatto salvo che è possibile anzi è raccomandato, con un impegno formale condiviso tra le parti sociali, datoriali e Governo, ricorrere a una serie di ammortizzatori sociali che dovrebbero accompagnare il temuto passaggio e attutire il rischio di impatto sociale.

La platea

Per la provincia di Como si stima che il provvedimento potrebbe interessare nell’immediato poco meno di 500 persone, in base a una analisi dei dati Inps sui lavoratori che hanno usufruito della cassa integrazione ordinaria e straordinaria nel maggio di quest’anno.

Nel periodo tra gennaio e maggio 2021 i lavoratori in cassa integrazione ordinaria e straordinaria sono stati in media 9.511, inclusi gli addetti del settore tessile e abbigliamento, che da soli rappresentano oltre la metà: 5.005, per i quali, vista la difficoltà del comparto, è prorogato il blocco dei licenziamenti.

Se da questa media relativa ai primi cinque mesi dell’anno si escludono i lavoratori tessili, a Como e provincia sono 4.506 i lavoratori che sono stati interessati dalla cassa integrazione, un insieme che riguarda tutti i settori, dal metalmeccanico al legno, alla gomma plastica.

Ma se si considera solo il mese di maggio, la media dei lavoratori in cassa integrazione a Como scende a 1.151 persone. Di questi i lavoratori del tessile sono 667, quindi le persone in cassa integrazione nei settori dove termina il blocco dei licenziamenti sono 486.

La stima

«Bisogna considerare – spiega Salvatore Monteduro di Uil del Lario nella sua analisi – che in gennaio e febbraio ci si trovava ancora nella terza ondata della pandemia e nell’incertezza del lockdown – il dato medio più recente, 486 in maggio, che esclude il tessile, indica le persone in cassa integrazione negli altri ambiti produttivi e quindi al momento a più alto rischio licenziamento. Ma nell’ultimo provvedimento, con un impegno ampiamente condiviso, per tutti i settori è stata data la possibilità di ricorrere alla cassa ordinaria e straordinaria che non grava come costo sulle aziende. La facoltà di utilizzo è stata lasciata alle aziende con una forte raccomandazione a farne ricorso. La premessa è buona, ci aspettiamo che oltre alle dichiarazioni formali ci sia poi una disponibilità concreta».

Intanto la ripresa dà segnali di ripartenza e in alcuni settori si auspica incrementerà il personale e permetterà di attenuare l’impatto sociale.

«Proprio per agevolare la riqualificazione dei lavoratori che potrebbero essere espulsi da alcune attività ed essere assorbiti da altre – conclude Monteduro - si è chiesto e si chiede la riforma degli ammortizzatori sociali e l’attivazione delle politiche attive del lavoro perché le persone possano spendere nuove competenze in settori diversi. È necessario tempo e sostengo perché questo passaggio avvenga».

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