«Senza tecnici, le imprese vanno via». Anche dalla Svizzera

Confine L’allarme di Sergio Aureli, consulente del lavoro per la Città di Lugano sulla delocalizzazione forzata delle aziende. «Se un alto numero di attività dovesse lasciare il Ticino, ci sarebbero conseguenze anche sul gettito fiscale»

Il segno “meno” registrato dai frontalieri impiegati in Ticino nell’ultimo trimestre del 2023, scesi sotto quota 79 mila - non accadeva da tempo immemore, al netto delle dinamiche legate alla pandemia - si arricchisce di nuovi particolari, decisamente poco confortanti. E questo perché di pari passo al calo dei permessi “G” qualche impresa sta cominciando a lasciare il Ticino (e la Svizzera).

È quanto ha rimarcato, ospite del Rotary Club Varese, Sergio Aureli, consulente del lavoro per la Città di Lugano ed esperto di questioni transfrontaliere. «L’equazione è semplice. Nel momento in cui diminuiscono le maestranze e, per diretta conseguenza, il dato dei frontalieri occupati a fine anno in Ticino le aziende devono comunque garantire la produzione. E così la scelta in atto, pur senza generalizzare, è quella della delocalizzazione, dove queste aziende possono trovare manodopera consona alle loro reali necessità - le parole di Sergio Aureli -. Questo è un problema. Se un numero rilevante di imprese dovesse lasciare il Ticino, le conseguenze non riguarderebbero solo l’occupazione, ma anche il gettito fiscale, in primis per i residenti, che si troverebbero a pagare un moltiplicatore maggiore. Cittadini che perderebbero in parte il loro potere d’acquisto, magari diminuendo le presenze in Italia per shopping e quant’altro».

Di sicuro le dinamiche connesse al nuovo accordo fiscale ed alla doppia tassazione per i “nuovi” frontalieri stanno incidendo sul numero di permessi “G” attivi in Ticino. Un quadro più esaustivo della situazione si avrà nella seconda decade di maggio, quando saranno ufficializzati i dati di frontalieri occupati nel Cantone di confine e in Svizzera nel primo trimestre del 2024. «È chiaro che il nuovo accordo fiscale sul breve periodo sta generando interessanti risultati in termini di politiche territoriali, in quanto l’Italia - concetto rilevante - sta guadagnando in termini di rientro di manodopera, con l’idea di fondo che molte attività produttive possano rilanciarsi - fa notare Sergio Aureli -. Per questo va rimarcato che il dato relativo ai permessi “G” testimonia ciò che già si è compreso dalla piena operatività del nuovo accordo fiscale in poi e cioè che la manodopera frontaliera sta diminuendo».

Un tema che, anche in questo caso, non riguarda solo l’occupazione, ma anche i ristorni, che - ricordiamo - il nuovo accordo fiscale tra Italia e Svizzera ha garantito alle medesime condizioni sino al 2033. Diminuendo i frontalieri, anche il gettito è destinato a calare e così per diretta conseguenza i ristorni. A riprova del fatto che già qualche impresa ha lasciato il Ticino, Sergio Aureli cita il caso del municipio di confine di Stabio, dove «cominciano ad esserci capannoni sfitti, che seppur offerti a pigioni medio basse non riescono a trovare imprese interessate ad insediarsi».

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