Tessile moda, l’appello al governo. «Serve una vera politica industriale»

L’intervento Sergio Tamborini, presidente di Confindustria Moda, all’inaugurazione di Pitti. «Il 2025 sarà un anno spartiacque, il nostro mondo ha bisogno fortemente delle istituzioni»

«Forse dopo tanti anni, per la prima volta abbiamo bisogno fortemente delle istituzioni, che mettano in campo una vera politica industriale».

Lo ha affermato Sergio Tamborini, presidente di Confindustria Moda, intervenendo alla cerimonia d’apertura di Pitti Uomo, ieri, a Firenze.

Il vertice della nuova federazione annuncia un quarto semestre di condizioni avverse, se non di stasi, per il settore tessile abbigliamento.

Tre dimensioni

«Il 2025 è un anno che definirei spartiacque - ha detto Tamborini- per ridisegnare tutta una serie di elementi, ma anche per capire che le tre dimensioni della moda, ovvero il lusso, il medio di gamma e il fast si stanno rivoluzionando. Non ultimo c’è il tema della dinamica dei prezzi della moda, la cui variazione non ha significato un aumento della produzione, anzi, collide come più volte detto a livello del manifatturiero con la quantità di pezzi».

L’amministratore delegato del Gruppo Ratti ha ricordato le difficoltà degli ultimi mesi: «Veniamo da un 2024 in cui abbiamo visto una recessione di qualche punto percentuale e il comparto moda nella sua completezza, ovvero sommando il tessile abbigliamento che è sotto i 60 mld di euro (vale 59,8 mld di euro, in calo del 6,1%) al comparto accessori pelle, siamo sotto i 100 miliardi di euro. La moda maschile (vale 11,4 mld di euro in calo del 3,6%) e tiene grazie all’export (vale 8,9 mld di euro, in aumento dello 0,6%, e pesa il 77,8%)».

Con un 2024 così , il presidente chiede a gran voce maggior attenzione da parte del governo.

«È vero che l’imprenditorialità ha una capacità tecnica ed artigianale, ma anche estetica, e che siamo abituati a vivere una storia complessa, ma questa volta con un mercato che non si riprende alle tre P che caratterizzano la moda, ovvero i prezzi troppo alti, i pezzi diminuiti drasticamente e il posizionamento da salvaguardare consegnando valore a tutta la filiera, dobbiamo aggiungere le P di pianificazione programmazione. Il nostro mondo, che è sempre stato in secondo piano, è percepito erroneamente come frivolo e dorato, ma noi siamo il mondo delle fabbriche, il mondo dei lavoratori, in Toscana sono 130 mila e in Italia 600mila, e le manifatture sono fatte di persone che lavorano, di professionalità che non possiamo permetterci di perdere».

Dare prospettive

La P della vera politica industriale, secondo il manager, deve valere per l’intero comparto, ma per la manifattura il tema è avere prospettive.

«Ci sarà un ridimensionamento delle strutture e il momento da passare è ancora complesso: c’è stata la proroga della Cig per le imprese artigianali e non si può fare a meno di quel pezzettino di filiera fatta dalle piccole aziende, servono anche garanzie sui finanziamenti che sono stati un volano al credito. Rimangono aperti i temi dei finanziamenti agli investimenti per le piccole e medie imprese e in generale di una norma come la industria 5.0 che non produce effetti positivi sul sistema degli investimenti».

Il grido di allarme va quindi ripetuto e deve essere ascoltato. «È dal medioevo che sotto i campanili si costruiscono cose belle che piacciono al mondo e non vedo perché dobbiamo smettere di farle» ha concluso il presidente di Confindustria Moda.

© RIPRODUZIONE RISERVATA