
(Foto di archivio la provincia)
Il pedagogista Dal professor Mantegazza un monito a presidi e famiglie: «Non c’è una scuola di serie A o B, ma percorsi adatti a tanti giovani diversi»
Più della metà dei ragazzi che escono dalla terza media scelgono un liceo, che sia classico, scientifico o linguistico. Gli istituti tecnici e professionali, ancora oggi, molto spesso sono considerati di “serie b”, una seconda scelta per chi non se la sente di affrontare un percorso liceale.
Eppure il mercato del lavoro è alla costante ricerca di figure specializzate e chi esce da una scuola professionale ha la quasi certezza di essere subito assunto, con possibilità di fare carriera, ma questo sembra non bastare. Sono tanti i percorsi di orientamento promossi alle scuole medie per dare ai giovani la possibilità di prendere una scelta consapevole, ma fondamentale è il contributo dei professori e della famiglia, per dare loro un supporto.
Troppo spesso la scelta presa non è quella giusta, ma è il pedagogista Raffaele Mantegazza a spiegare come mai.
Questo modo di pensare si vede anche quando si fa la presentazione delle scuole ai ragazzi di terza media. Alcuni presidi mi hanno fatto notare, e confermo che è così, che i primi a essere presentati sono sempre i licei classici, poi scientifici, linguistici e così via, come se i licei fossero l’unica scuola. Si pensa che intelligenza voglia dire saper parlare italiano, matematica e le lingue, ma ci sono tante altre intelligenze: capacità di usare uno strumento, lavorare con il corpo, riparare ciò che si rompe. Tutto questo richiede una capacità di pensare anche nelle scuole tecniche. Non esistono scuole di serie A e B, ma più o meno adatte al tipo di intelligenza di un ragazzo. Un fornaio che fa le pizze, non è meno intelligente di un traduttore, sono semplicemente diversi.
Questo è l’errore, non capire che esistono diversi tipi di intelligenza. Io sento ancora molti genitori dire che la scuola superiore è solo il liceo. I ragazzi che si iscrivono al liceo e poi magari soffrono, non perché siano meno intelligenti, ma semplicemente perché non è la scuola adatta a loro.
Le famiglie indirizzano molto, non capendo che oggi l’offerta formativa delle scuole professionali è molto alta. Scuole in cui i ragazzi sono abituati a pensare, ragionare ed essere critici. Io sono un umanista, ma l’idea che tradurre un brano in latino richieda più intelligenza che cambiare un motore è assurda. Bisogna valorizzare sempre di più i percorsi dei ragazzi. Quando sono piccoli è necessario capire cosa sanno fare, cosa gli piace e dire loro: l’importante è che troviate una scuola che faccia emergere il vostro talento che non è migliore o peggiore di un altro.
Mettiamoci nei panni dei ragazzi che arrivano in una scuola nuova e conoscono poche persone, già questo è difficile. Magari hanno anche la paura di deludere il genitore e di non riuscire. Devono però capire che fare una scelta sbagliata non significa fallire o deludere, questa è la vita, ci si ragiona insieme e si capisce quale strada prendere.
Non è che il liceo sia buono e l’istituto tecnico non buono. Magari quando si fanno le giornate dell’orientamento, iniziamo dai tecnici e professionali e poi parliamo dei licei. Proviamo a ribaltare, diamo un segnale. Inconsapevolmente c’è l’idea che quelli bravi vadano al classico: le scuole quando presentano un professionale o Cfp devono far capire al ragazzo che quello è l’ambito in cui si può essere contenti e dare il meglio di sé, non perché non riesci a fare il classico ma semplicemente perché il tuo talento va in quella direzione.
Ci sono ragazzi straordinari che poi diventano bravissimi professionisti, oggi come oggi alcune competenze sono molto richieste. L’importante è fare una scuola che permetta di stare bene, crescere ed essere competenti in quello che si fa.
Un ambito in cui si è valorizzati e si ha un proprio modo di fare le cose, né migliore né peggiore di altri. Continuiamo a voler fare le classifiche, mettendo i ragazzi in competizione tra loro, ma nella vita bisogna essere contenti di quello che si fa.
Fare le graduatorie già quando sono piccoli porta a creare persone frustrate. Ognuno deve trovare la propria strada e migliorare sé stesso.
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