«Usiamo il brand Como per attrarre i talenti motori di crescita»

Giacomo Malinverno, advisor di Lagom Family Office e chapter leader di Bocconi Alumni Como, sottolinea il potenziale di un marchio conosciuto a livello globale

«La vera sfida è far coesistere il turista che viene per la vacanza e per godersi il bello del lago e il lavoratore o cittadino che desidera poter usufruire dei servizi a lui dedicati. Como città universitaria? È una questione di volontà e di scelte ma si può fare, anche gli studenti dall’estero guardano con sempre maggiore interesse verso l’Italia».

Giacomo Malinverno, advisor per Lagom Family Office e chapter leader di Bocconi Alumni Como, si occupa di consulenze nel settore economico e finanziario. Nonostante la sua giovane età, 28 anni, ha già maturato l’esperienza per sviluppare un occhio critico sulla prospettiva futura della sua città, sia in ambito turistico che industriale e manifatturiero, oltre che finanziario naturalmente. Il suo punto di vista è particolarmente interessante, dato che Malinverno fa parte di quella generazione presente e futura che avrà tra le mani il destino della città.

Como è una città che si sta trasformando, qual è la visione del futuro?

Ormai la strada è stata intrapresa, per una predisposizione naturale del turismo di alto livello. Abbiamo tantissime famiglie imprenditoriali nell’ambito dell’hotellerie di lusso: penso alla famiglia Passera, De Santis, Droulers e Fontana ad esempio. Storicamente Como è votata a questo percorso che sta prendendo un canale meno familiare e più managerializzato, c’è l’interesse dei grandi brand alberghieri internazionali.

Qual è il rischio?

Como sta seguendo il percorso più formalizzato, anche su larga scala dell’hotellerie. Quello che, secondo me, non deve fare è darsi completamente a questo tipo di mondo e di business, rischia di diventare una città difficilmente vivibile, per i comaschi e per tutti coloro che desiderano viverla nel quotidiano. La vera sfida è far coesistere il turista con il lavoratore che ha bisogno dei servizi, più elementari ma altrettanto importanti per una certa mescolanza di abitanti. Godersi un weekend sul lago è diventato difficile per questione di prezzi, viabilità, posteggi, mezzi di trasporto. Non bisogna soffocare la parte del normale vivere del cittadino o di chi viene ad abitare a Como. Problemi di cui tutti siamo ben consapevoli.

Ok il turismo, ma non va dimenticata la tradizione comasca in ambito tessile e manifatturiero.

Assolutamente. Capisco che ora si faccia più fatica a concentrare l’attenzione su industria e manifattura, arriviamo da un periodo in cui siamo stati chiusi per via del Covid e tutti i settori ne hanno risentito, inclusi manifattura e turismo. Poi però il turismo ha subito avuto una grandissima ripresa, prendendosi buona parte della scena. Tuttavia, esiste ancora un tessuto industriale e forse ora è ancora più importante tornare a parlarne, raccontarlo e studiarlo affinché anche quella componente torni ad avere un suo ruolo. Concentrarsi solo su un unico settore e non diversificare le potenzialità della città sarebbe un errore, bisogna tutelare le imprese e l’industria.

Una bolla, quella turistica, destinata a scoppiare?

Secondo me non scoppierà, forse non è nemmeno una bolla. Ci sono ancora tante cose da fare. Dal punto di vista dell’extralusso forse il rischio c’è, ma penso che abbia ancora tanto da offrire, l’importante è farlo con il giusto ritmo. C’è ancora spazio, meglio guadagnarselo con calma riflettendo sui prossimi passi da compiere.

Como ha avuto l’ambizione di diventare una città universitaria, ma pare esserci riuscita solo in parte. Si può fare di più o è ancora presto?

Io penso che i tempi non siano prematuri, è più una questione di volontà e scelte su cui si desidera investire e spendere risorse. Ora forse la questione è passata un po’ in secondo piano, ma vedo che ci sono casi di città vicine alla nostra dove c’è movimento in questo senso.

Ad esempio?

A Lugano l’università funziona benissimo: è stata ampliata, creando nuovi poli con corsi frequentati da ragazzi provenienti da ogni parte del mondo. Se ce l’hanno fatta loro, non vedo perché Como non dovrebbe. Bisogna valorizzare i temi legati alle eccellenze della nostra città, come il turismo, e cercare di coinvolgere in un progetto universitario le realtà del territorio. La Bocconi ha più studenti internazionali che italiani, un messaggio forte su come sempre più ragazzi da fuori guardino l’Italia e Milano con interesse. Se all’estero chiedi di nominarti cinque città italiane, Como c’è. Perché allora non tirarla fuori non solo per il bel lago, ma anche per la formazione? È obiettivo raggiungibile.

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