Un buco con la città intorno. La città è Como, la voragine è quella metaforica ma non troppo di palazzo Cernezzi. Un’amministrazione al minimo storico di capacità progettuale, efficienza e operatività. Un buco nero che rischia di inghiottire le tante cose buone presenti per meriti altrui in una comunità che, per fortuna, nonostante coloro che dovrebbero gestirla, riesce a tirare avanti e limitare i danni quando può e come può, facendo finta che il Municipio non esista. Impressione quest’ultima suffragata da un sindaco assente e in apparenza svogliato che occupa il posto in cui è stato mandato dai cittadini (e non dai partiti perché l’elezione è diretta), ma sembra più propenso a prestare orecchio alle istanze delle forze politiche e di alcuni gruppi di potere che non a quelle di chi si è disturbato per recarsi al seggio e tracciare una croce sul suo nome.
Emblematico dei riflessi di Mario Landriscina, sindaco di Como pro tempore in attesa di altra e, per lui, più gratificante mansione, l’unica ragione che lo porta a non salutare la compagnia non si sa quanto gradita o quanto sopportata, è il caso piscina di Muggiò. Voi lettori de La Provincia probabilmente ne sapete di più del vostro primo cittadino, specie se siete utenti della vasca o genitori di figli con attitudini natatorie. Circa sette mesi dopo la chiusura, dovuta a quanto si apprende da un grottesco groviglio di burocrazia e rissosa malavoglia, il sindaco, come Fantozzi a metà del secondo tempo dell’ennesima rivincita tra Italia-Argentina di fronte a un frittatone di cipolle, si è accorto che qualcosa non va e ha sollecitato in una riunione di giunta una (ah ah ah) celere soluzione del problema. E Landriscina neppure ha l’alibi del frittatone e della partita di calcio.
Serve un altro esempio del buco nero, tralasciando le manfrine sulla Città dei Balocchi, con il Comune che dopo un tot di piatti si è accorto che era minestra e andava fatta raffreddare per tempo con una programmazione adeguata, concertata e preventiva delle misure anti traffico per evitare che una manifestazione che ha dato lustro a Como in tutto il mondo finisca anch’essa nel black hole generato da palazzo Cernezzi? Scusate l’autocitazione, cari lettori, ma chi scrive l’aveva sottolineato circa un anno fa, proprio su queste colonne, al termine di un’altra edizione dei Balocchi segnata da weekend di soffocanti invasioni di auto in convalle.
Digressioni a parte, per evidenziare le carenze dell’amministrazione basta uscire di pochi passi dalla Città Murata, direzione tribunale e mercato coperto, per ritrovarsi di fronte al triste spettacolo quotidiano dei senza tetto accampati davanti all’ex chiesa di San Francesco. Una situazione che a molti comaschi fa scaturire la vergogna di essere tali. Senza capire il perché ci si debba ostinare a non risolvere il problema, al punto da far pensare che a qualcuno faccia comodo che rimanga così. Un altro mistero che scaturisce dal buco nero di palazzo Cernezzi. In cui sembra essere stata inghiottita anche quella mozione votata a larga e trasversale maggioranza dal Consiglio comunale per la realizzazione di un dormitorio. Sono solo due o tre esempi, certo i più eclatanti. Ce ne sarebbero altri: l’incredibile corto circuito che si è creato tra la disponibilità di risorse e l’incapacità di incanalarle nella progettazione di interventi. O la cronica afasia di visione della città del futuro che nel frattempo si sviluppa in maniera spontanea e sregolata attraverso la trasformazione dell’economia a costante rischio di consolidamento in assenza del supporto di una politica che sappia guardare oltre. Quella che governa palazzo Cernezzi ha invece gli occhi bassi, neppure rivolti al sottosuolo ma alle proprie scarpe, le uniche che devono camminare. E pazienza se la città immobilizzata rischia di essere divorata dal buco nero dell’amministrazione.
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