Questa è stata senza dubbio la promozione più pazza del mondo. Oddio, ce ne sono state anche altre impossibili di pronosticare (ricordate quella di Tardelli? E quella di Sabatini?), ma questa le ha battute tutte. Non tanto per la sorpresa sul campo, quanto per le difficoltà trovate lungo la strada. E purtroppo, molte non sono state sportive. Il Covid, lo stadio vuoto anche nel giorno della promozione, gli isolamenti, il deserto intorno alla squadra hanno trasformato questa stagione in qualcosa di strano. Con tutto quello che si porta dietro questa parola.
E poi c’è stato il campo! La scelta di un allenatore che ha cancellato con un’impresa tutte le lacrime di tristezza e rabbia del passato, ma pur sempre uno che... non voleva allenare. Avete presente la fiction su Nada? “La ragazza che non voleva cantare”. Uno che era tornato a Como mettendo le mani avanti: «Tutto tranne che allenatore della prima squadra». Appunto. Una bellissima vicenda, comunque, che lo iscrive definitivamente nella storia di questa squadra. E poi gli infortuni, alcune scelte curiose dettate da lontano (andirivieni di stranieri), il virus arrivato come un tornado (29 positivi) e soprattutto la sensazione che le energie stessero sempre per finire, con invece la squadra che riusciva sempre a raschiare il fondo del barile e trovare consapevolezza e sicurezza. Anche ieri è stato così. E al gruppo vanno fatti i complimenti per come è stata gestita l’emergenza continua che ha caratterizzato questa stagione.
La pandemia ha annacquato certo l’emozione, per questo la retorica del cielo azzurro e del lago blu stavolta la lasciamo ad altri. Mai come stavolta è stata una promozione dei tifosi più affezionati, e meno della città che quasi non se ne è accorta.
Piuttosto, sono due le cose che vogliamo dire in questo giorno di festa. Una: che tra le 5000 sedie vuote dello stadio, ieri ce n’era una più vuota delle altre, quella di Denis Wise. Il fatto che il giorno della promozione non ci sia stato un esponente diretto della proprietà presente, resta incomprensibile. Badate, la pensiamo tutti allo stesso modo eh: meglio promossi con la proprietà assente che retrocessi con la proprietà presente. Però, questo distacco, questa lontananza resta pesante, poco decifrabile. Si diceva che il Como indonesiano volesse alimentare l’interesse, l’appeal: ma su questo siamo indietro. Per fortuna, con una B in tasca però.
La seconda: le ultime volte che il Como è andato in serie B, se non serie A, sono seguiti disastri epocali. Non abbiamo fatto in tempo a mettere fuori la testa, che è arrivata la mannaia. Retrocessioni clamorose, per non dire dei fallimenti. Siamo andati in B (o in A) tre volte negli ultimi 27 anni, e non ce la siamo goduta per nulla. Fatto salvo per la B del 2001 del salto in A, che creò i presupposti della fuga di Preziosi.
La speranza, ma oseremmo dire la percezione, è che stavolta le cose possano andare in maniera differente. Perché il gruppo societario ha le idee chiare, è affidabile e con la posa del sintetico (tra qualche giorno) in qualche modo santificherà la voglia di restare qui a lungo. Stavolta ci sono le condizioni per (almeno) restare qualche anno in cadetteria e farci venire la voglia di dire, come si diceva una volta, che Como è una piazza da B. Cosa smentita dai fatti degli ultimi 30 anni. Poi, se Wise o Suwarso magari si fanno vedere o raccontano qualcosa, siamo ancora più contenti.
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