Bipolarismo all’italiana. Una camicia di forza

Si possono usare le parole di Fantozzi sulla Corazzata Potemkin per definire il biporalismo italiano (per i pochi che non lo sapessero: “È una c…ata pazzesca”)? Certo non arriveranno i 92 minuti di applausi, vista la popolarità della materia, ma magari ci si azzecca.

Sia in maggioranza sia all’opposizione le coalizioni stanno insieme (o magari neppure lo fanno se non governano) per forza più che per amore. E la forza sembra proprio quella della camicia. Roba da matti insomma. Come definire altrimenti il continuo infilarsi le dita negli occhi tra Forza Italia e Lega? Secondo il capo del Carroccio, Matteo Salvini, quello azzurro, Antonio Tajani ha mangiato pesante prima di criticare il collega dopo i complimenti per la vittoria del partito di estrema destra in Austria.

Ma i leader si erano già beccati sull’autonomia differenziata, l’ipotetica riduzione del canone Rai, la tassa sugli extra profitti delle banche e via dicendo. Tra i due litiganti non gode di certo la terza, Giorgia Meloni, presidente del Consiglio che un po’ cerca di far da paciere e molto tace, un silenzio assordante.

Meno male, per la maggioranza, che gli altri riescono anche a fare peggio. Il “campo largo” è una frase che neppure si può più pronunciare dopo la rottura tra Renzi da una parte, Conte e sinistra radicale e ambientale dall’altra nelle elezioni in Liguria. Una svolta che ha rimesso in partita il centrodestra, reduce dalla conclusione anticipata della legislatura a causa del patteggiamento della condanna di Giovanni Toti, presidente uscente. L’idea di far rientrare l’ex sindaco di Firenze, nonché ex presidente del Consiglio ed ex segretario del Pd, nel centrosinistra sembra essere davvero tramontata. Se ne parlerà forse, nel 2027 o prima quando si tratterà di rinnovare il Parlamento se ci sarà ancora (e nulla fa pensare a qualcosa di diverso) la stessa legge elettorale che costringe i partiti al bipolarismo. Immaginatevi cosa potrebbe succedere al centro, spazio in cui avrebbero diritto di cittadinanza tanto Renzi, quanto Calenda, nonché soprattutto Forza Italia e finanche una parte del Pd se si votasse con il proporzionale. Il bipolarismo, del resto è andato già in crisi dopo l’affermazione del movimento Cinque Stelle, allora grillino, nelle elezioni del 2017 da cui erano scaturiti, non a caso due governi di colore opposto. Poi il declino della forza ora guidata da Antonio Conte, ha rimesso in circolo la formula che resta però, come di vede, piena di falle. Del resto, un simile sistema rappresenta un unicum in Europa. In Francia, dove esiste il maggioritario con il doppio turno che è comunque in crisi, si forma alla fine una sorta di bipartitismo In Inghilterra, dove il turno è unico la sfida è principalmente tra conservatori e laburisti con i liberali nel ruolo di terzo incomodo. Il bipolarismo all’italiana è frutto dalla mancata rivoluzione del maggioritario puro, bocciata per pochi voti al referendum. E da lì sarebbe stato meglio tornare al proporzionale che magari non garantiva la governabilità, ma quando produceva maggioranze coese sui programmi funzionava in maniera egregia, con la Dc perno di ogni esecutivo che guardava spesso a sinistra e qualche volta anche a destra. Con la stagione di Manipulite anche il bambino ha seguito la sorte dell’acqua sporca e i risultati si vedono adesso. Coalizioni litigiose e sfilacciate che certo non garantiscono quelle riforme Araba fenice di cui l’Italia ha da sempre bisogno.

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