Cosa c’è sotto i tigli? Forse qualcosa che va oltre la battaglia per salvare gli alberi del lungolago dall’incedere del cantiere delle paratie. I fatti sono noti: dopo la segnalazione dell’agronomo Angelo Vavassori sul rischio di una condanna a morte delle piante, è partita la politica. Data la connotazione ambientalista della battaglia e poiché il cantiere ha il marchio del centrodestra regionale, in particolare della Lega che esprime l’assessore alla partita, Massimo Sertori, sì è mosso il centrosinistra: Pd e “Civitas” assieme ai Verdi. Ma tra le fronde sono poi apparsi anche esponenti di FdI, partito di maggioranza a palazzo Cernezzi che hanno chiesto al sindaco Mario Landriscina di intervenire per evitare l’abbattimento.
Non occorre tirare in ballo Agatha Christie, il suo Poirot, le coincidenze e gli indizi. Perché è evidente che, ancora una volta, si è formato un asse politico tra FdI e una parte delle opposizioni in Comune.È già successo in alcune occasioni: la più eclatante è stata la richiesta di un dormitorio per i senzatetto che ha visto gli epigoni comaschi di Giorgia Meloni opporsi alla linea del centrodestra e, in particolare, del Carroccio.
Anche quello che sta accadendo al Comune di Cantù, potrebbe essere oggetto di attenzione del detective creato dalla grande giallista britannica. C’è poca “fratellanza” nei confronti dei partner della maggioranza di centrodestra. Perfino sui “Qr code” dei monumenti si registra una baruffa, l’ultima di una lunga serie. Se si vuole proseguire nell’indagine occorre domandarsi: tutto questo peserà sulle elezioni amministrative del Comune di Como in programma tra meno di un anno?
Perché nell’ambito del centrodestra l’opzione più gettonata è quella di un Landriscina bis. Del resto, sarebbe difficile scaricare un sindaco uscente a meno che non sia lui a decidere di farsi da parte. Ma l’attuale primo cittadino ha più volte ribadito che è pronto al tentativo di restare altri cinque anni sulla poltrona solo a patto che tutte le forze della sua maggioranza siano d’accordo. E qui sta il busillis. I pissi pissi dei retrobottega della politica lasciano trapelare un’indiscrezione clamorosa. Al tavolo del centrodestra, quando sarà ora di scegliere i candidati sindaco, i vertici comaschi di FdI potrebbero porre un veto, motivato, sull’ex responsabile del servizio di urgenza ed emergenza dell’ospedale Sant’Anna. E allora le cose si complicherebbero, anche se la Lega, sempre stando ai bisbigli, avrebbe annusato l’aria e preparato un piano B. Che porta il nome di Alessandro Fermi, ex An ora Forza Italia e domani, chissà, magari Carroccio. A questo punto sarebbe difficile per i meloniani trovare le ragioni per un altro rifiuto. Va detto però che l’attuale presidente del Consiglio regionale non starebbe facendo i salti di gioia all’idea di lasciare Milano per Como. Un elemento che agevolerebbe FdI. Perché magari sotto i tigli potrebbe essere stato piantato un seme per far germogliare qualcosa di nuovo. Forse una coalizione civica, senza simboli di partito, a sostegno di un candidato sindaco forte, autorevole e con un ottimo curriculum professionale che avrebbe dato la disponibilità a impegnarsi per la sua città.
Se son rose, pardon tigli, fioriranno. Anche se nonostante questa essenza non ne presenti, le spine non mancano. Sull’eventualità il Pd, come in ogni storia che si rispetti, sarebbe diviso. C’è chi preferirebbe una connotazione più di sinistra del o della aspirante primo cittadino anche per far rientrare il consueto dissenso di Bruno Magatti e della sua lista, comunque in campo per salvare le piante. Altri invece vorrebbero ripetere il tentativo di strappare voti allo schieramento avversario, anche per scongiurare il rischio paventato di non raggiungere il ballottaggio. In questo caso ci sarebbe una sfida tra il candidato del centrodestra e Alessandro Rapinese, altra civico. E l’esito potrebbe essere tutt’altro che scontato.
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