Con Meloni la politica torna al governo

Ognuno, è ovvio, la pensa come vuole. Ma un dato è innegabile. Dopo oltre dieci anni l’Italia ha un governo politico che rispecchia la volontà degli elettori che segue i vari tecnici e pateracchi che ci hanno accompagnato dal 2011, in entrambi i casi senza grande costrutto al di là delle attese messianiche suscitate da Monti e Draghi, ma pure da Conte con il sempre illusorio afflato della novità rappresentata dai Cinque Stelle. L’Inghilterra, tanto per fare un esempio recente, ha cambiato tre esecutivi in pochi mesi senza mai sognarsi di uscire dal recinto della politica. I “tecnici” sono una specialità tutta italiana e forse sarebbe il caso anche di rifletterci un po’ su.

Un altro elemento piuttosto inedito riguarda i tempi con cui è nato il governo a un solo mese dal voto: quasi un record. E di questo bisogna dare merito al premier Giorgia Meloni che ha saputo tirare dritto, infischiarsi dei ricatti dei suoi alleati (ne riparleremo più avanti) e fare le scelte in perfetta linea con il dettato costituzionale. Un percorso che non poteva non trovare la sponda del Quirinale.

Di politica grondava il discorso pronunciato alla Camera dal presidente del Consiglio, parole sì di destra, ma di quello stampo liberal conservatore che certo avrà rassicurato le cancellerie europee e non solo. Giorgia Meloni ci ha messo dentro tutta la sua storia di militante politica, iniziata dopo l’omicidio di Paolo Borsellino. E alla mafia ha riservato parole di fuoco, poco convenzionali. Corretta è stata l’indicazione delle priorità, naturalmente l’economia, con una presa di distanza dai “tecnici” ancora più accentuata a proposito delle strategie per la lotta al Covid. Sarà un governo di discontinuità rispetto al recente passato, ma non del tutto. Non nella politica estera, magari, ma con prudenza, nel rapporto con l’Europa.

Meloni non ha nascosto di sentire addosso tutto il peso della prima donna premier con tutto quello che ne consegue. E le citazioni, solo con i nomi di battesimo, di tante figure illustri al femminile del passato come del presente, sono apparse una sorta di auto rassicurazione.

Che quello del presidente del Consiglio non sia stato, in termini assoluti, un cattivo discorso, lo si è visto dalle reazioni delle opposizioni, perlopiù impastate di ideologismo e meno di contenuti che forse, qualcuno in minoranza condivide in buona parte.

I problemi per la neo premier, con ogni probabilità, non arriveranno dagli avversari, ma, con ogni probabilità, dagli amici. Matteo Salvini è già partito, il giorno prima del dibattito a Montecitorio, con una sorta di contro programma di governo su immigrazione ed economia, in buona parte sconfessato dal presidente del Consiglio. Silvio Berlusconi dopo gli audio dal sen di Forza Italia fuggiti dei giorni scorsi che hanno terremotato il centrodestra è tornato silente. Ma potrebbe essere un silenzio assordante. Il Cavaliere, con ogni probabilità, interverrà in Senato, dove probabilmente dovrebbe mantenere un profilo istituzionale. Molto però dipenderà dall’esito delle trattative in corso per i posti di sottogoverno, dove gli azzurri palesano un notevole appetito. Certo, i tempi e le scadenze che attendono il Paese sono tali da scongiurare i giochetti da basso impero. Ma sapranno i due alleati obtorto collo della leader del partito di gran lunga più votato del centrodestra mettere in secondo piano i loro interessi personali e la voglia di far fare brutta figura a questa donna che, oltre ad aver vinto le elezioni, si permette pure di voler governare? A questa domanda sono appesi tutti gli italiani.

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