Conte a Cortina? Non è questo il problema

Parecchi anni fa, a una puntata di “Bontà loro” o forse del “Maurizio Costanzo show”, il simpaticissimo divulgatore culturale Luciano De Crescenzo aveva ricordato con un aneddoto strepitoso l’avversità della sua famiglia nei confronti dei politici di sinistra. Un giorno era al bar con il padre, che a un certo punto gli aveva indicato un noto esponente del Pci napoletano al bancone: “Vedi? Mangia una pastarella. E poi fa il comunista…”.

In questo semplice episodio, forse vero, forse no - De Crescenzo era un gran furbone che sapeva decrittare anche i concetti più ardui per la gente comune - veniva riassunta tutta la millenaria cultura pauperista del nostro paesello ipocrita e sottosviluppato, per il quale i soldi - generalmente quelli degli altri - sono sempre e comunque una cosa sporca, della quale non bisogna mai fare sfoggio, della quale bisogna addirittura vergognarsi, soprattutto se si fa politica e ancora di più se ci si mette in testa di lavorare per gli ultimi, i fragili, i disperati. Una visione del mondo risibile, solo ripensando al semplice fatto che Friedrich Engels, uno che ha avuto un qualche ruolo nella elaborazione e diffusione del comunismo (quello che mangiava i bambini, non quello dei chierichetti del Pd…) in Europa e nel mondo, era ricco sfondato e ha mantenuto per tutta la vita Marx e pure la figlia di Marx.

Ennesima conferma della dimensione grottesca nella quale sguazza il cosiddetto dibattito politico in Italia - soprattutto a sinistra, ma anche a destra non prendono lezioni da nessuno - è la polemica sulle vacanze di Natale di Giuseppe Conte, immortalato con la biondissima e stilosissima compagna in un lussuoso albergo di Cortina, alla pari di tanta parte della classe dirigente che da sempre affolla la celebre località montana. Apriti cielo! È’ una vergogna, è uno scandalo e quanto ha speso Conte per dormire e chi paga e sono tutti uguali ed è tutto un magna magna e il più pulito ha la rogna e quello lì predica bene e razzola male e poi fa il masaniello sul reddito di cittadinanza e poi fa l’avvocato del popolo e poi fa le sceneggiate a Scampia e poi fa quello di sinistra e lo yacht di D’Alema e le conferenze milionarie di Renzi e le valigie firmate di Bersani e tutto il resto della solita intemerata con il ditino alzato, zuppa fradicia di retorica, di luoghi comuni, di populismo ad alzo zero, degno proprio di un paese sudamericano. Quello che forse, in effetti, siamo.

Diciamoci la verità, la polemica è ridicola. Ogni scomunica occhiuta, tartufesca, enfia e perbenista sugli stili di vita altrui è del tutto priva di motivazioni in uno Stato autenticamente liberale, quale noi non siamo, non siamo mai stati e mai certamente saremo. Perché è altra la nostra cultura, la nostra indole, la nostra esigenza di appartenere a conventicole e parrocchiette che ci dicono quello che è giusto e quello che è sbagliato, quali i posti da frequentare e quali quelli da evitare, come spendere o non spendere i nostri soldi, mentre invece dovrebbe essere sempre l’individuo, in perfetta maturità e solitudine, a scegliere che fare della propria esistenza.

L’unico metro di giudizio per valutare un politico è analizzare in scienza e coscienza quello che fa. Non quanto guadagna e come vive. Perché è quello che fa che certifica il valore di quello che guadagna. La questione non è pretendere che questi vivano a pane e acqua e incassino duemila euro al mese, perché se così fosse riserveremmo la politica e i ruoli istituzionali solo a chi è ricco e che può permettersi di non lavorare - ma questo è un concetto troppo arduo per i nostri cervellini: ci vorrebbe un De Crescenzo per farcelo capire con un calembour…), ma pretendere che quel politico ben pagato e ben fornito di tutti gli strumenti etici, culturali e intellettuali produca leggi all’altezza del suo ruolo e delle esigenze della comunità.

Dodicimila euro al mese sono giusti, anzi, sono pochi, per un Parlamento che varasse, dopo un formidabile lavoro di studio, analisi e programmazione, una grande riforma scolastica, una nuova riforma Gentile che rivoluzioni tutto il nostro sistema educativo e formativo, dall’asilo all’università, per i prossimi cinquant’anni. Magari lo facesse. Al contrario, dodicimila euro al mese sono un’indecenza quando vengono appaltati a degli scappati di casa che passano il tempo a sistemare gli amici degli amici, a spandere finanziamenti a pioggia per ingozzare le loro ingorde clientele, a far finta di fare tutto per poi non fare niente, anche perché non sanno niente di quello che dovrebbero sapere, e a passare le giornate a straparlare, a ululare, a trombonare e a pagliacciare sui social, coprendosi regolarmente di ridicolo.

Conte che passa le vacanze a Cortina d’Ampezzo a scrocco della fidanzata o ospitato da chissà chi non può mai essere un problema in un paese serio. Conte che esibisce una retorica vergognosa, ignobile, straccionesca, demagogica all’ennesima potenza sul reddito di cittadinanza (strumento da difendere con le unghie e con i denti, ma da erogare con intelligenza e rigore), utilizzandolo come passepartout per ergersi a eroico difensore delle plebi meridionali vessate dall’occhiuto capitalismo nordico e nordista è invece un problema gigantesco. Così come lo è lo stesso approccio demagogico e straccionesco di larga parte della destra sul tema immigrazione e vaccini e così come lo è lo stesso approccio demagogico e straccionesco di larga parte della sinistra sul mercato, la meritocrazia e il nostro posizionamento nel blocco occidentale. E potremmo fare altri infiniti esempi.

Che poi, alla fine, si ritorna sempre alla base. Al problema dei problemi. E cioè che quei signori non hanno fatto un colpo di Stato né una marcia su Roma né una presa del Palazzo d’Inverno. Quegli statisti li abbiamo votati noi. E non si è mai visto un Parlamento che non rappresentasse in tutto e per tutto l’elettorato che lo ha eletto. Ma questa è un’altra lunga, indegna storia miserabile.

© RIPRODUZIONE RISERVATA