Elezioni dei sindaci.Giù le mani dalla legge

Facile pensare male. L’affluenza di domenica e lunedì ai ballottaggi per i Comuni non è stata inferiore a quella registrata per le elezioni europee. Dove però FdI ha vinto. Nei municipi è andata un po’ peggio, certo anche per il doppio turno che ha favorito l’aggregazione del campo largo nel centrosinistra e spinto i candidati di questa coalizione. Dopo il voto per Strasburgo a Bruxelles nessuno ha detto che andava cambiata la legge elettorale. Questa volta sì. In particolare è stato il presidente del Senato, il meloniano Ignazio La Russa, a proporre per la scelta dei primi cittadini nei centri sopra i 15mila abitanti, l’adozione del modello utilizzato per le elezioni in Sicilia dove, se un candidato al primo turno raggiunge il 40% dei voti, si evita il secondo, ma anche il premio di maggioranza.

Insomma parrebbe che vogliano modificare le regole del gioco dopo aver perso la partita. In realtà da tempo, nel centrodestra, si discute sull’abolizione del ballottaggio che ha quasi sempre favorito il centrosinistra, perché gli avversari si presentano già uniti al primo turno e perciò difficilmente guadagnano consensi al secondo, anzi.

Qualunque sia la ragione, anche quella risibile, della scarsa legittimazione di un candidato che ottiene meno voti di chi è stato sconfitto al primo (se l’eletto arriva al ballottaggio significa che comunque ha ottenuto in precedenza un buon risultato), la legge elettorale con cui si scelgono i sindaci e i consigli comunali sarebbe meglio lasciarla stare. Anche perché, quando finalmente si affronterà il nodo della legge per l’elezione diretta del premier non sarà facile eludere l’ipotesi del doppio turno, sul modello semipresidenzialista francese. Anzi, se non vi fosse l’attuale contrapposizione, frutto di un’evoluzione politica che, dopo il flop del centro di Renzi e Calenda, ha virato verso il bipolarismo, proprio questa ipotesi potrebbe rappresentare un terreno di incontro fra centrodestra e centrosinistra tale da sminare il referendum che rischia di uccidere il premierato in culla.

La legge elettorale per la scelta dei sindaci e dei consigli nei Comuni sopra i 15mila abitanti resta un modello virtuoso. Anche perché è nata in un periodo in cui quasi tutti i partiti erano stati delegittimati da Mani Pulite. Oltre a consentire ai cittadini di eleggere direttamente il loro primo, mantiene le preferenze per i consiglieri comunali, al contrario del sistema scelto per il Parlamento con le liste bloccate che delega alle segreterie l’indicazione degli eletti. Se si dovesse mettere mano al ballottaggio, il rischio è che qualcuno ne approfitti magari anche per indirizzare nella stessa direzione delle politiche anche l’elezione dei consigli comunali.

Il doppio turno, al di là dell’influenza sulla partecipazione, che è disincentivata quando la sfida è scontata, ma, al contrario, molto attrattiva nelle situazioni di incertezza, come si è visto anche nel voto di domenica e lunedì, ha poi il pregio di semplificare il quadro politico perché scoraggia la proliferazione delle liste. Più che tentare di cambiare le regole, il centrodestra dovrebbe studiare il sistema di poter giocare al meglio con quelle che ci sono, attraverso la scelta di candidature in grado di attrarre voti anche al fuori del proprio recinto. Dove l’ha fatto, anche in queste ultime amministrative ha portato a casa il risultato.

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