Una volta era di moda l’Ohio, adesso è stata la Pennsylvania il territorio decisivo (alla fine neanche tanto) per l’esito delle elezioni negli Stati Uniti. La nostra Pennsylvania è la verde e bella Umbria, dove Stefania Proietti, candidata del centrosinistra-campo largo, ha prevalso contro l’avversaria del centrodestra e presidente uscente Donatella Tesei. L’affermazione di Proietti, unita a quello meno imprevedibile di Michele De Pascale (centrosinistra privo delle “Sardine” di cui sembra essersi persa ogni traccia) in Emilia Romagna significa un ribaltamento (da 0-1 a 2-1) a favore dell’opposizione nella sfida amministrativa in tre Regioni. L’altra, come noto, è stata la Liguria, dove Marco Bucci (centrodestra) si era imposto anche e soprattutto grazie a uno harakiri degli avversari. Un elemento questo che pesa se sarà confermato l’esito umbro perché si potrebbe parlare di un virtuale 0-3, al netto dei tafazzismi nella terra del pesto.
Quella dell’Umbria è una riconquista del centrosinistra e segue un’altra vittoria non scontata del campo largo in Sardegna. Qualcosa che è più di un campanello di allarme nel centrodestra. Dalle parti di Perugia e Terni gli elettori hanno, con ogni evidenza, bocciato il governo regionale uscente. Se si guarda ai primi e parziali risultati delle liste, poi, si evidenziano, rispetto alle europee, cali di FdI e della Lega, terzo partito della coalizione dietro a Forza Italia che invece tiene. Risultato analogo anche se un po’ più eclatante e forse al di là delle previsioni della vigilia, in Emilia Romagna, dove cinque anni fa la vittoria di Stefano Bonaccini (con anche le “Sardine”) era stata molto meno netta.
Insomma, giratela come volete, ma queste regionali portano vento nelle vele del centrosinistra e in un campo largo che vede modificare la propria natura, e frenano il centrodestra e il governo. E proprio la direzione di un vento che forse comincia a cambiare potrebbe rappresentare il principale problema per Giorgia Meloni, che già ne avrebbe abbastanza dei suoi e della sua squadra sempre più “sgangherata”, fatte le debite eccezioni. Un inciso sulla coalizione vincitrice: se Pd, Alleanza Verdi Sinistra e anche renziani possono sorridere, ai Cinque Stelle restano a mala pena gli occhi per piangere. E adesso, al di là della fase di “ristrutturazione” di questa forza politica, a Giuseppe Conte non mancheranno i grattacapi. L’unica certezza è che a questo giro ha vinto Schlein.
Per tornare nell’altra metà del cielo della politica, l’esito elettorale si riverbera in maniera minore su Fratelli d’Italia e, soprattutto, sulla Lega che tiene rispetto alle europee, ma cala in confronto alle precedenti regionali. La strategia della voce grossa adottata da Matteo Salvini anche dopo la richiesta di condanna a sei anni per il caso “Open Arms” non sembra aver pagato. Sale invece il peso contrattuale di Forza Italia che potrebbe imporre una sterzata dalla politica di coalizione in senso moderato, pena un eventuale e graduale disimpegno, magari destinato a traghettare gli eredi del Cavaliere in una nuova edizione del centrosinistra, grazie a un’operazione politica che è già nella testa di Matteo Renzi. Se qualcuno prevedeva un “effetto Trump” su queste elezioni regionali ha toppato di brutto. E per dirla con Enzo Jannacci “memo male che l’America l’è semper là”, cioè non arriva qua. Anzi.
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