Forza Italia resiste grazie all’anima Dc

Ai tempi in cui esisteva il servizio militare obbligatorio, oltre alle reclute capitava che anche i voti si recassero in “libera uscita”. Il copyright è di Giulio Andreotti che non usava a caso la metafora perché era convinto che i consensi, cosi come fanno i soldati, tornassero nella casermona della Dc. Ed è quasi sempre successo così, almeno finché la Balena Bianca ha continuato a solcare i mari della politica italiana, a volte placidi, spesso tempestosi. Poi il grande cetaceo che, come quello di Pinocchio, inghiottiva un po’ di tutto si era spiaggiato e i voti non avevano più trovato la via del ritorno.

Buona parte di questi consensi, allora, erano finiti un un’altra casa, più moderna e arredata in maniera diversa, ma sempre con quel profumo di moderazione che ti accoglieva quando entravi: si chiamava Forza Italia ed era nata da un’intuizione disperata di un imprenditore che aveva perso tutti gli appoggi politici e temeva la resa dei conti (in senso letterale cioè finanziario). Quei voti lì sono rimasti e sembra che anche adesso che il comandante non c’è più, la caserma azzurra riesca a ospitarne ancora un po’.

Non era scontato che, dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi, Forza Italia riuscisse ad arrivare a spegnere la trentesima candelina. Via il gatto molti topolini sembravano già aver preparato le valigie per accasarsi altrove, magari assecondando l’Opa ostile lanciata dai Salvini e Renzi. Le cose non sono andate così. E Antonio Tajani, il non erede di Berlusconi, perché il Cavaliere non ne ha mai lasciati, è riuscito a tenere la barra nonostante il vento contrario soffiato dai due Mattei e non solo.

L’attuale ministro degli Esteri, all’epoca portavoce del neonato partito, si era trovato per la prima volta i riflettori puntati per “merito” di Umberto Bossi che, dopo la fragorosa rottura dell’alleanza, poi ricucita, con Silvio, ne aveva per tanti forzisti. A Tajani toccò l’epiteto di “Pistola”, espressione che in Lombardia non c’è bisogno di decifrare. Ecco, a quanto pare l’attributo non è calzante per il vice premier, proprio per quanto esposto qui sopra. Ma perché Forza Italia è riuscita a sopravvivere al suo creatore? Certo grazie a Tajani, ma non solo. Anche perché ha mantenuto al proprio interno quello zoccolo duro di “democristanità” che resta vivo e presente nel Paese. Né Salvini, a causa della sua linea oltranzista a destra e neppure Renzi, per l’antipatia che continua a offuscarne le indubbie capacità politiche, sono riusciti a convincere coloro che si ostinano a voler “morire democristiani” come recitava un tormentone dei tempi che furono. Certo, la Dc, quella originale, riusciva a far convivere la componente moderata di centro con altre che la facevano oscillare a destra e sinistra. Non accade più con Forza Italia, che peraltro, ai tempi d’oro sembrava aver raccolto l’eredità dell’intero pentapartito. Però gli azzurri ci sono e, proprio grazie all’opera di Berlusconi che ha saputo unire tutto il centrodestra (neppure in piazza del Gesù c’erano riusciti e neppure volevano farlo), sono al governo con un ruolo tutt’altro che secondario, quando si tratta di indirizzare la politica su binari più moderati. A Giorgia Meloni che si è presa il quasi monopolio della destra compresi i voti, quelli in sì in libera uscita dall’ex destra Dc, Forza Italia fa comodissimo, in quanto argine di Salvini che continua a essere il principale competitor nell’esecutivo della leader di FdI. E in futuro si vedrà quale strada prenderà Forza Italia che ora può anche decidere se cantare o no: “Meno male che Silvio c’era”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA