
Ci vorrebbe proprio Giovannino Guareschi. Chi ne ha memoria e, con essa, purtroppo anche un’età ragguardevole, si sarà divertito con le geniali vignette pubblicate dal settimanale Il Candido, di destra, così come si dichiarava l’immenso scrittore emiliano. La serie “Contrordine compagni” raffigurava i comunisti con una terza narice, perciò appellati “trinariciuti”, costretti a cambiare idea e posizione sulla base delle disposizioni del partito.
Inevitabile riandare a quei tempi, gli anni ’50 del secolo scorso, di fronte alla vicenda della Tesla acquistata in leasing dalla coppia di parlamentari Nicola Fratoianni ed Elisabetta Piccolotti, esponenti di Sinistra Italiana.
Per chi non lo sapesse, i due hanno scelto un’auto elettrica in linea con le loro convinzioni green e sulla sostenibilità ambientale, salvo poi accorgersi che il proprietario della casa automobilistica è Elon Musk, spesso criticato dalla sinistra. Da lì è scaturito un dibattito che ha generato polemiche infinite. Prima il pentimento dei due, che però non possono restituire l’auto fino alla scadenza del leasing, altra “diabolica invenzione dei capitalisti”. Inoltre, fedeli alla tradizione secondo cui, come dicono i veneti, il “tacon” (la toppa) è peggio del buco, hanno affermato di aver scelto quell’auto perché economica, pagandola 47mila euro. Apriti cielo: immediatamente si è levato un coro di critiche da parte di compagni di partito, che hanno sottolineato quanto tempo e fatica servano a certi lavoratori per guadagnare quella cifra. E sì, Guareschi ci avrebbe inzuppato un filone di biove e scritto un “Contrordine compagni” con sei narici e due baffi, da leccarsi nel leggerlo.
Ma per favore: quando certa sinistra smetterà di comportarsi come in un asilo? A partire dai due protagonisti, che di fronte a queste critiche avrebbero potuto chiudere la questione con un semplice “fatti nostri”. Invece no, perché il privato è sempre politico, e poi “C...o compagni, mozione d’ordine”. E a proposito di toppe: quella adesiva annunciata da Piccolotti per coprire il marchio dell’auto rientra in pieno nella satira guareschiana. E sulla questione economica: deve davvero scandalizzare che due parlamentari, con le loro diarie, investano 47mila euro in un’auto che loro stessi e i loro sostenitori considerano un simbolo di tutela ambientale? (Che poi le auto elettriche siano davvero così ecologiche è tutto da dimostrare). Oltretutto, l’auto è in leasing, e nel segmento delle elettriche, la Tesla modello base è stata a lungo una delle opzioni più accessibili.
Allora perché questa polemica che non si placa? Perché la sinistra non riesce a liberarsi della sua antica ossessione per il pauperismo. Anche qui torna in mente Guareschi, che in “Don Camillo e don Chichi” fa dire al suo pretone, impegnato in un accesso confronto con il giovane coadiutore post-conciliare, che “la povertà non è un merito”.
Avessero letto Giovannino, questi di sinistra, ma anche quelli di destra (Santanché in testa, che non ha perso occasione per rinfacciare il lusso a chi glielo contesta), forse non avremmo perso tempo, carta, inchiostro e corrente elettrica per alimentare i social. Ma l’impressione è che, per gran parte del mondo politico, l’unica lettura sia il libretto d’uso e manutenzione delle loro automobili. Elettriche o no che siano.
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