I giochetti di ruolo
sul disastro della sanità

Toglietegli il fiasco. Mentre il morbo infuria e il pan ci manca, i nostri eroi sono riusciti nell’impresa napoleonica di regalare alle depresse genti lariane alcuni momenti di gradevolissimo spasso.

Nei giorni scorsi, il consulente della Regione Lombardia per l’emergenza Covid, Guido Bertolaso, è venuto in visita a Como per visionare l’hub cittadino che dovrà affiancare quello di Lariofiere a Erba nella vaccinazione di massa prevista appena dopo Pasqua.

L’evento era stato propagandato con il consueto understatement anglosassone, con quel low profile tutto comasco che è un po’ il segno distintivo di questa bella amministrazione comunale, che in quanto a competenza, concretezza, pragmatismo e voglia di far bene non prende lezioni da nessuno e mostra tutti i giorni a quei derelitti di Lecco e Sondrio come si sta al mondo.

Il feldmaresciallo Bertolaso, già reduce dai folgoranti successi della campagna primaverile 2020, è stato accolto da par suo dal sindaco della città Mario Landriscina, dall’assessore alla Protezione civile, Elena Negretti, e da tutto un codazzo di statisti locali di pari livello. Insomma, a tratti sembrava di trovarsi nel ’45 a Yalta e tra noi pennivendoli si passava il tempo a congetturare chi, per piglio e statura, assomigliasse di più a Churchill, chi invece a Roosevelt (Eleanor) e chi, infine, a Stalin, che, nonostante il caratteraccio, era un uomo di Stato con i controfiocchi. E infatti si era partiti volando altissimo, citando quell’urbanista, quell’architetto e quel pensatore, ed era tutto un buongiorno e un buonasera e un complimenti a lei per l’ottimo lavoro al Pirellone e felicitazioni vivissime per il preclaro e diuturno attivismo in Comune e via arzigogolando di questo passo su grandi strategie vaccinali, curve epidemiologiche, pianificazioni logistiche, stoccaggi sanitari, che era un vero piacere sentirli e guardali.

Poi però, a un certo punto, quando il braccio destro della Moratti ha potuto ammirare in tutta la sua bellezza la piazza d’armi di Muggiò, un’area di un quartiere di Como che non ha nulla da invidiare alla peggiore periferia di Caracas o a un villaggio di capanne di fango del Congo Belga, se ne è uscito con una di quelle affermazioni dorotee, quel dico e non dico, che lo hanno reso uno dei testimonial preferiti - assieme a Zingaretti - dei programmi della D’Urso: “Muggiò fa schifo, è un’area vergognosa per Como: meglio andare a Villa Erba, così ci si potrà vaccinare vistalago”. Tutto vero.

A questo punto, apriti cielo. È partito il Circo Togni. E vergogna e taci e stai zitto e indegno e farabutto e come ti permetti e chi ti credi di essere e non sai niente della città e non conosci il territorio e giù le mani dagli eroici amministratori comaschi sempre adesi e coesi e protesi verso il bene pubblico e la salute, che quando c’è quella c’è tutto, e giù le mani dalla città più amata dagli anglosassoni, gioiello incastonato tra le sponde del lago più bello del mondo, e giù le mani dall’onore dei cittadini più operosi del pianeta e via andare di questo passo, con raffiche di dichiarazioni gorgoglianti di sdegno sdegnoso e sdegnato da parte del sindaco e dell’assessore e tutto un trionfo di carduccismi e dannunzismi e aggettivi superlativi e maledizioni bibliche e verrà un giorno, che a un certo punto sembravano il Vate e la Duse che lanciavano il guanto di sfida a Bertolaso, con tanto di duello con lo scolapasta in testa davanti al cantiere delle paratie (altro gioiello imperituro del connubio tra Comune e Regione). E la cosa ancor più divertente è che questa bomba atomica, con conseguenti scuse di Bertolaso per i toni usati, ma non per i contenuti, perché Muggiò a lui fa schifo per davvero, è esplosa tutta dentro il centrodestra, tutta dentro l’esecutivo - perché, esiste forse un centrosinistra? esiste forse un’opposizione? - e si son visti volare tali e tanti stracci e gatti morti e polpette avvelenate tra Lega e Forza Italia da gustarseli sgranocchiando i popcorn.

Ora, sulla sciatteria e l’improvvisazione con le quali il Comune ha preparato la visita ha già scritto parole definitive venerdì scorso il nostro Francesco Angelini, ma che la Regione venga a Como, ma anche nel Lecchese e in Valtellina, a raccontarci la storia del mago dell’efficienza, dell’eccellenza e della prestanza è una roba che fa sganasciare dalle risate. Ma forse neppure tanto. I politici fanno i loro giochetti, d’altronde sono politici, vivono di questo e dei loro calamistri collosi, cosa possiamo farci? Ma pure i media fanno i loro giochetti, altrimenti non si capirebbe il motivo per il quale qualsiasi cosa accada sia colpa della Regione per i giornali di sinistra e invece colpa del governo per quelli di destra. Ma davvero qualsiasi cosa, al netto della verità, al netto della realtà effettuale. La realtà non interessa. Anzi, la realtà non esiste. Esiste solo il nostro giochetto di ruolo nel quale ha torto chi deve avere torto per statuto e ha ragione chi deve aver ragione per decreto. E questo non spiega nulla del disastro sanitario in atto, ma la dice lunga sulla qualità della politica e pure dei media, con il risultato finale che la credibilità della categoria è finita sotto la suola delle scarpe dei lettori, anzi, sotto lo zerbino sul quale si strusciano le suole delle scarpe dei lettori.

L’ineffabile Lombardia è agli ultimi posti (in garrula compagnia di altre regioni del favoloso Nord) per vaccinazione degli over ottanta ed è agli ultimi posti per vaccinazione dei docenti e prende tutti i giorni la biada da Regioni del centrosud che i più spiritosi di noi associano spesso e volentieri più all’Africa che all’Europa, senza parlare della farsa delle prenotazioni di Aria, degli anziani mai convocati, di quelli convocati due volte e di quelli spediti a 80 chilometri da casa. Questo è un fatto. Ma vista la sceneggiata napoletana di Como e la statura dei suoi protagonisti da avanspettacolo abbiamo capito perfettamente perché sia accaduto.

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