“Il ridicolo è come l’alito cattivo: non lo si nota che nel proprio vicino”. Se avesse conosciuto questa massima, pensata da un re degli aforismi come lo scrittore Malcom de Chazal, forse l’assessore al Welfare (ma non sarebbe ora di tornare a chiamarlo “assessore alla Salute”, che Milano non è ancora stata inglobata nella Londra metropolitana?) Guido Bertolaso avrebbe evitato di definire “ridicola” l’inchiesta giornalistica de La Provincia sullo scandalo dei letti abbandonati nell’ex Sant’Anna, le cui stanze sono state trasformate – da tre anni a questa parte - in un magazzino. Ma è il segno dei tempi di una politica che somiglia sempre più alla corte di Versailles sotto Luigi XVI (giusto prima di essere rovesciat o dai rivoluzionari) e che, quando viene chiamata a rispondere di scelte quantomeno discutibili, alza la voce e, in modo scomposto, tenta di buttare il confronto in caciara (meravigliosa arma di distrazione di massa).
I fatti, per chi ancora si appassiona al giornalismo d’inchiesta, sono noti. Nei giorni scorsi il nostro Sergio Baccilieri ha scoperto che un padiglione di via Napoleona (dove pare dovrebbe stare l’Ospedale di comunità dei comaschi, non certo un magazzino) è diventato un deposito di letti da rianimazione dismessi. E ha quindi svelato che la stragrande maggioranza di quei letti non sono neppure mai stati usati perché arrivati già difettosi in Lombardia. Eppure, ugualmente, pagati (e non poco).
Quando sono comparsi i primi articoli, Bertolaso ha fornito una serie di notizie contraddittorie. Dapprima il suo assessorato ha ammesso: «Presso l’ex ospedale di Como sono conservati letti acquistati durante l’emergenza Covid per l’allestimento dell’ospedale in Fiera Milano, si tratta di un lotto contestato a un fornitore estero per non conformità». E poi: parte del materiale usato è già stato inviato ad altri ospedali, «il rimanente sarà destinato all’hub delle emergenze di Gallarate». Peccato che, nell’aula di Palazzo Lombardia, qualche giorno dopo Bertolaso abbia cambiato versione: i letti in realtà non servivano per l’allestimento dell’ospedale in Fiera (la cui realizzazione nel 2020 venne affidata proprio a Bertolaso, quando non aveva ancora alcun ruolo politico e amministrativo in Regione), e non andranno neppure all’hub delle emergenze di Gallarate, perché «abbiamo ricevuto dall’Ucraina una richiesta di oltre 200 letti, che possono anche esulare dalla conformità delle certificazioni europee. Sentiamo gli indiani e facciamola finita con questa vicenda ridicola».
Nel frattempo la nostra testata ha scovato la sentenza della causa civile vinta (in parte) da Aria Spa, la società di Regione Lombardia che ha comprato quei letti, e ha scoperto che “la non conformità” dei presidi medici in questione si traduce, nientemeno, che in spine elettriche non a norma e totale assenza di cartellini che ne attestino la conformità alle regole di sicurezza. Eppure sono stati tutti quanti pagati (un quarto di milione di euro) prima di verificarne la congruenza con quanto ordinato. Un po’ come se comprassimo per corrispondenza dall’India una Lamborghini e, prima di scoprire che il motore nella scocca in realtà è di una scassatissima Ritmo, staccassimo un cospicuo assegno alla sconosciuta concessionaria di Nuova Delhi.
Anziché pretendere di capire come questo sia stato possibile, o magari anche pacatamente ammettere che in quella fase di emergenza legata al Covid purtroppo di errori ne sono stati commessi e tutto sommato è anche umano, il “nostro” ieri è tornato a dire: «Questo stillicidio di scoprire ogni giorno qualche letto che abbiamo dimenticato in qualche magazzino è assolutamente ridicolo». Sarà, ma a fronte di una salute sempre più a misura di ricchi dove il benessere (o welfare, per dirla con Palazzo Lombardia) è garantito a chi ha i soldi per non sottostare ai tempi di attesa di una sanità in crisi economica, forse sapere se e dove ci sono stati sprechi (anche per evitarne altri in futuro) dovrebbe essere vissuto come un dovere da un pubblico amministratore. Sempre che abbia chiaro dove sia di casa il vero senso del ridicolo.
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