Il bonus in manovra che premia gli evasori

Una domanda, ma perché gli evasori fiscali sono tenuti così in considerazione dai nostri politici? Qualcuno prima o poi dovrà scoprirlo. Certo, sono elettori, così come, peraltro, chi le tasse le paga tutte. Sarà mica che qualcuno, tra le pieghe dei sondaggi, ha scoperto che vanno a votare solo coloro che gabbano il fisco? Nel caso, visto il calo costante degli elettori, ci sarebbe da esserne lieti. Chissà. L’unica certezza è che, anche nell’ultima manovra appena licenziata dal governo Meloni, non manca un gentile cadeau a chi, con ogni probabilità dichiara meno di chi guadagna.

È il “bonus bebè” un contributo di mille euro erogato a chi presenta redditi inferiori a 40mila euro lordi, cioè con uno stipendio netto più o meno pari o inferiore a duemila euro al mese. Non è difficile comprendere come, chi deve sbarcare il lunario con quella cifra, magari anche gravato da un affitto, non è proprio animato dall’intenzione di estendere le bocche famigliari da sfamare. E comunque anche i mille euro disponibili non aiuterebbero più di tanto. Allora inevitabile pensare che a godere del beneficio saranno coloro che non ne hanno bisogno, cioè che dispone di un patrimonio o di una rendita ben superiore a quanto messo nero su bianco con il modello 730, ammesso che venga presentato. I famosi quasi nullatenenti con la Porsche che, stando ai dati, sono piuttosto numerosi.

Secondo i dati più recenti, il “tax gap” - la differenza tra quanto lo Stato dovrebbe incassare e quanto effettivamente raccoglie - è stato stimato in circa 86,6 miliardi di euro nel 2019. Di questi, l’Irpef da lavoratore autonomo e l’Iva sono tra le imposte più evase. In pratica sono quasi due manovre ai valori attuali. Certo la situazione sta migliorando, soprattutto però in virtù dei condoni varati dal governo in carica, misure che suonano sempre come danno e beffa per i contribuenti onesti. Fatto sta che nel 2023, l’Agenzia delle Entrate ha recuperato oltre 24 miliardi di euro dall’evasione fiscale in Italia, segnando un aumento del 22% rispetto all’anno precedente. Di questi, circa 11,6 miliardi derivano da versamenti diretti volontari, come il ravvedimento operoso. Un altro contributo significativo è arrivato dalle misure straordinarie, come la “pace fiscale”, che ha portato nelle casse dello Stato 5,1 miliardi di euro.

Complessivamente, il recupero fiscale ha superato i 31 miliardi di euro quando si considerano anche le somme raccolte per conto di altri enti come i Comuni e l’Inps. Bene, ma non è abbastanza. Un ulteriore e sostanzioso drenaggio delle risorse sfuggite al fisco potrebbe irrobustire le misure di sostegno ai redditi bassi, contribuire allo sviluppo e, di conseguenza, abbassare il debito pubblico.

Poi c’è la filosofia errata che sta dietro alla politica dei bonus. Il più sciagurato di tutto è stato quello del 110 per cento, voluto dal Movimento 5 Stelle ed erogato in maniera indiscriminata a prescindere dal reddito di chi lo richiedeva e dal fatto che venisse utilizzato per ristrutturare una prima abitazione fatiscente o una seconda o terza casa faraonica. Nel caso di quello di mille euro per i bebè (con buona pace di chi i figli li ha fatti prima e li sta mantenendo senza aiuti), l’errore sta anche nel basarsi, appunto, sull’imponibile dichiarato. L’introduzione di un redditometro in grado di misurare l’effettiva disponibilità economica del contribuente taglierebbe la testa al toro. Ma nessun politico, meno che mai quelli attualmente al governo che, va detto in maniera oggettiva, appaiono più ossessionati dal consenso degli altri che comunque non hanno mai abbassato la guardia in questa direzione, oserebbe imporre una misura tanto impopolare. E così si va avanti tra tagli, limature, finti sacrifici chiesti ai forti e veri imposti ai deboli. Tanto poi votano anche gli evasori. Il ministro Giancarlo Giorgetti dice che l’esecutivo sta combattendo i furbetti con i fatti. A parte i condoni, anche quelli chiamati in un altro modo, è difficile scorgere quali siano.

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