Il cinema: l’oro
del lago di Como

A volte si ha la sensazione che, sebbene sul lago di Como siamo circondati da risorse paesaggistiche e culturali che potremmo trasformare in oro, l’attenzione generale sia ancora ferma sull’unico oro che non ritroveremo più: quello di Dongo. Lo testimonia persino il cinema. Sì, perché gli ultimi, per non dire unici, film di qualità in cui il Lario ispira qualcosa di diverso da idilli amorosi e vacanze chic, sono quelli ambientati al crepuscolo del fascismo, quando la Storia è passata di qua: “Una vita difficile” (1961) di Dino Risi e “Mussolini ultimo atto” (1974) di Carlo Lizzani.

Bene hanno fatto, dunque, Lario Fiere, Villa Erba e Camera di Commercio a usare lo spazio che avranno oggi, per il secondo anno consecutivo, al festival di Venezia, per puntare i riflettori su quello che il Lario è in grado di dare al cinema in termini non solo di bellezza paesaggistica, ma anche di storie e di competenze che possono interessare alle produzioni. Prendiamo, in primis, la tradizione manifatturiera della seta e del legno arredo: non solo può essere materia da film - come si è intravisto nella serie tv “Made in Italy” (2019, disponibile su Prime Video) - ma può dare un contributo importante per allestire i set, fornendo a chilometro zero quel personale tecnico che di solito viene portato da Roma o da Oltreoceano.

L’idea di puntare su storie e persone del territorio è senz’altro buona, però i cassetti degli enti locali, Camera di Commercio in primis, sono pieni di buone idee che avrebbero potuto dare un svolta a Como, ma non l’hanno fatto (si pensi ai tanti studi di fattibilità sul campus e la città universitaria). La vetrina dell’Excelsior è ottima, e il testimonial che Villa Erba e Lario Fiere si sono portati dietro, Davide Van De Sfroos, oltre ad avere tante storie lariane da raccontare e cantare, ha pure un curioso legame con il citato film di Risi: suo nonno materno ricoprì il ruolo del prete a Lenno nella scena dei funerali di Lina Volonghi, nella finzione madre di Lea Massari e suocera di Alberto Sordi (che cast!). Però da domani occorre mettersi subito al lavoro per tradurre le buone intenzioni in progetti sostenibili ed efficaci.

Non si parte da zero, per fortuna: attorno al Lario vi sono tante competenze che ruotano attorno al cinema non solo come fatto culturale ed estetico, ma anche come opportunità di sviluppo economico del territorio, capace di attrarre produzioni e cineturisti. Proprio sul cineturismo Camera di Commercio e Provincia di Como avevano lanciato tra il 2011 e il 2013 un progetto innovativo in Italia, con le due guide “Le stelle del lago di Como”, curate da chi scrive, e i 18 totem che segnalavano le location dei film più importanti tra lago e Brianza. Oggi però diversi di quei totem sono spariti - l’ultimo lo scorso settembre, davanti a Villa Olmo - e a promuovere il cineturismo sul campo sono rimaste solo associazioni culturali.

I temi portati lo scorso anno (il cineturismo, appunto) e quest’anno (come attrarre le produzioni) a Venezia erano già stati più volte dibattuti negli ultimi due lustri in appositi forum nell’ambito del Lake Como Film Festival e di Noir in Festival, senza tuttavia produrre risultati apprezzabili, perché all’alba del giorno dopo immancabilmente le competenze riunite attorno ai tavoli si disperdevano.

Bisogna fare un salto di qualità: ritrovare la visione e l’orgoglio, in primis da parte dei decisori che hanno il potere di valorizzare le competenze e indirizzare le risorse. L’“Orgoglio”, invece, Como sembra averlo perduto: il film omonimo del 1938 di Marco Elter, ambientato nel mondo della seta e prodotto da industriali lariani, non si trova più in nessuna Cineteca. Per fortuna, invece, che quella di Bologna ha pensato a restaurare “L’inferno”, primo kolossal italiano tratto dalla “Commedia”, che nel 1911 vide collaborare le due sponde del Lario nel fornire le location, mentre il proprietario del Castello di Carimate, Bernardo Arnaboldi Gazzaniga, impegnò capitali nella produzione. Del resto proprio il settecentesimo anniversario del Sommo poeta ci ricorda una volta di più che le arti sono il tesoro d’Italia. E la settima, sul lago di Como, ha un appeal particolare.

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