Il Comune oltre
l’ultimo stadio

Se vi è capitato di passare spesso dalle parti di via Valleggio avrete notato la trasformazione del piccolo campo di calcio dell’oratorio di San Giuseppe dove, fra le altre cose è stato posato un manto in erba sintetica al posto della terra battuta. Un’operazione eseguita in pochi giorni con costi che se possono essere rilevanti per una parrocchia, di certo non lo sono se si guarda alle casse, peraltro piuttosto pingui, di palazzo Cernezzi. Eppure, trascorsa la scadenza fissata, il Comune continua a nicchiare sulla realizzazione, al Sinigaglia, del medesimo lavoro fatto in un amen a San Giuseppe. E allora qui può venirci incontro ancora una volta, il grande Giovanni Guareschi, che di fronte a Peppone alle prese con un quesito di matematica da risolvere all’esame per la licenza elementare, dato in età matura per potersi candidare alle elezioni per la Camera, fa dire a don Camillo: “vogliono risolvere il problema del Mezzogiorno e manco sanno venire a capo di uno di quinta”.

Metafora impeccabile e applicabile all’amministrazione comasca: pensano di risolvere l’annosa questione Ticosa e neppure sanno mettere giù un tappeto d’erba sintetica, lavoro da team parrocchiali.

Facile dire che questa giunta è davvero arrivata oltre l’ultimo stadio. Oppure se preferite che sta annegando in piscina. Qui c’è solo l’imbarazzo della scelta: da quella di Muggiò alla vasca di viale Geno nella sede di non si sa più di chi, visto che la matassa del contenzioso tra Como Nuoto e Pallanuoto Como è tutt’altro che risolta e il bandolo resta nella mani dell’assessore Pettignano. Intanto lì, un luogo per decenni ha ospitato comaschi in cerca di svago e relax, va tutto in malora. Se non torniamo sul caso dei senzatetto accampati sotto il portici di San Francesco è perché la questione è talmente evidente, anche, purtroppo dal punto di vista olfattivo, che non vale la pensa sprecare ulteriore inchiostro. Anzi chiediamo venia per questo poco utilizzato a mo’ di pro memoria e destinato a imbrattare l’ennesima lettera morta. Perché è chiaro che l’interesse prevalente, in sede politica, è quello di mantenere il problema. Tanto, per qualcuno, una sanificazione più o meno quotidiana sembra essere sufficiente anche per la coscienza. Lieti di essere smentiti se qualcuno si decidesse a farlo, ma finora pare che tutti, più o meno volentieri, ballino sulla musica suonata da qualcuno.

Pare che ai piani alti del Municipio, tiri aria di un kafkiano e un po’ patetico complesso di persecuzione, forse tipico di chi non si sente all’altezza del ruolo che è stato chiamato a ricoprire. E allora è facile rifugiarsi nel “ce l’hanno tutti con me”, a partire da questo giornale, che non può però perdersi nella sterile psicologia spicciola perché ha il dovere di pensare al benessere dei suoi lettori, che sono anche gli amministrati di Como. E poi, certo, saremmo onorati di essere quella testata “L’Examiner” che, nel grande film di Billy Wilder con Jack Lemmon e Walter Matthau, “Prima pagina”, “salva ancora una volta la città in una delle sue ore più buie”. Purtroppo, e con maggiore umiltà, possiamo solo evidenziare, di nuovo, che questa città non la può salvare nessuno. Soprattutto da questa amministrazione comunale. A chi scrive è capitato di incontrare più di un ex assessore dello stesso colore politico dei governanti di palazzo Cernezzi, che pur preoccupato della piega degli eventi, si compiaceva sottolineando come avesse ricevuto numerose attestazioni di rimpianto dai cittadini.

E comunque, se i tifosi del Como sono inferociti, se i nuotatori rimasti a secco hanno le narici che emettono fumo, se i residenti dell’area attigua al tribunale non riescono più a vivere sereni, se addirittura una delegazione di cittadini è pronta a marciare sul palazzo, la colpa o il merito se volete essere perfidi, non può essere certo solo de La Provincia.

A questo punto resta solo da domandarsi se la situazione può essere ribaltata con un altro rimpasto in giunta e il tormenatato ritorno di Forza Italia nell’esecutivo cittadino. Difficile non essere scettici visti i precedenti. Bisogna avere il coraggio di dirlo. Il motto andreottiano per cui “Tirare a campare è sempre meglio che tirare le cuoia” può forse funzionare sotto il soave ponentino romano ma non di fronte all’incalzante breva comasca. Qualcuno abbia il coraggio di staccare la spina e risparmi alla città altri due anni di blackout decisionale e amministrativo. Altrimenti ripartire sarà ancora più difficile.

© RIPRODUZIONE RISERVATA