Il “fronte del porto” rischia di sporcare l’aura che accompagna Mario Draghi fin dal giorno del suo trionfale approdo a palazzo Chigi. Di chiunque sia stata, l’idea filtrata dal ministero dell’Interno, di proporre i tamponi gratis a coloro che operano sui moli di Trieste, è un poliedrico autogol che potrebbe riverberarsi sul governo.
Un varco aperto inopinatamente, e peraltro respinto con sdegno dagli interessati che non vogliono proprio saperne di vedere verde, caso mai rosso, ma come quando questo colore attraversa la retina dei tori, e sono pronti a caricare domani, “d day” dello sbarco dell’obbligo della certificazione per andare al lavoro.
Nel pertugio che ha incrinato il bunker in cui l’esecutivo aveva chiuso ogni speranza per i non vaccinati, si potranno infilare con comodo tutti i politici che questa bandiera del tampone gratis la stanno già sventolando. Anche perché siamo ancora in campagna elettorale e, tra l’altro, la città giuliana è una di quelle in cui vi sarà il ballottaggio per il sindaco. Alla richiesta già avanzata da Giorgia Meloni e Matteo Salvini, si sono aggiunti Beppe Grillo e, in maniera più discreta, anche Giuseppe Conte, a dimostrazione che la bussola dei Cinque Stelle è finita da un pezzo in un buco nero. L’ex comico ha motivato la richiesta come un gesto di “pacificazione nazionale”, le stesse parole usate ieri dal capo leghista nel colloquio settimanale a cui si è dovuto rassegnare Draghi.
L’impressione è che quello di domani rischi di essere un passaggio stretto per il governo e la maggioranza. L’offerta rivolta ai portuali accende gli animi delle altre categorie no vax, ma pure quelli di coloro che si sono sottoposti alle iniezioni forse anche e forse soprattutto per ottenere il Green pass (lo scarso entusiasmo che incontra la campagna per le terze dosi che non regala il lasciapassare potrebbe esserne un indizio ) e ora si ritrovano sorpassati dai portuali triestini con i tamponi offerti sul vassoio. Un ulteriore detonatore di cui molte piazze non avevano bisogno per accendersi in un fine settimana rovente di proteste diffuse tra varie categorie di lavoratori.
Certo, dietro all’idea di favorire i portuali giuliani c’è l’esigenza di non bloccare il traffico di merci in un periodo già complesso sul fronte dell’approvvigionamento delle materie prime. Una scelta di politica economica quella che, negli ultimi decenni, appare sempre prevalente rispetto alla deprecata politica politicante che però, come in certi anfratti carsici tipici proprio dell’entroterra triestino, prima o poi salta sempre fuori: magari in modo deteriore e abominevole come accaduto sabato nell’assalto alla sede romana della Cgil.
Del resto, da Draghi non si può pretendere tutto, anche che possieda una visione alta della politica. A quanto pare, neppure dai leader della maggioranza che lo sostiene, lontani eredi di figure che, in un modo o nell’altro le piazze le sapevano controllare e magari manovrare. E soprattutto erano in grado di prevedere gli effetti di alcune scelte scottanti, anche se considerate ineluttabili, come quella del Green pass. Il cui obiettivo è lodevole: proprio un anno fa, in questi giorni e senza vaccini, la curva dei contagi ricominciava a salire in maniera vertiginosa. Adesso sta scendendo. E questo giustifica, con pochi se e ancor meno ma, l’idea di indurre, con non poche forzature che lambiscono anche l’ambito costituzionale (quello al lavoro è un diritto fondamentale), la maggior parte della popolazione a vaccinarsi per poter svolgere le normali attività della nostra esistenza. Ora che i nodi più grossi arrivano al pettine, possiamo dire che la questione sia stata gestita in maniera efficace? Qualcuno, per esempio si è preoccupato della mole di tamponi da fare, a cui, ora e poiché pagano, i no vax che devono lavorare hanno diritto? Forse andrà tutto bene, ma dovremo attendere un weekend di paura per nulla tranquillo su molti fronti. E non solo quello del porto.
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