Il silenzio sull’aborto voragine culturale

Negli anni Cinquanta durante una cena a cui partecipava anche Flannery O’Connor, formidabile scrittrice cattolica tradizionalista del sud degli Stati Uniti, si discuteva sul significato dell’eucarestia.

E in quell’ambiente molto “liberal” avevano tutti concordato che quella fosse una bellissima, struggente metafora, un simbolo della fede in Cristo e del suo sacrificio per la salvezza degli uomini eccetera eccetera. Tutti tranne una. La O’Connor, appunto, che con violenza tagliente - quella che ha riversato nei suoi inarrivabili capolavori - ha sbottato: «Beh, se l’eucarestia è solo un simbolo, allora che se ne vada al diavolo!». Lei non credeva affatto nei simboli, ma in un fatto storico, la persona di Gesù, e vedeva la fede nello scandalo, nel paradosso, nell’insensato, nella rottura di ogni logica, nella capacità di guardare negli occhi la violenza, il dolore, il sangue, la morte, che così spesso ricorre nei suoi racconti. Il cristianesimo, per lei, non era una religione per signorine.

Ovviamente, non ha mai goduto di buona stampa. E non ne gode neppure oggi, per quanto sia un gigante del Novecento. Già allora imperava il conformismo. Figurarsi adesso, un’epoca nella quale la logica dell’iperconsumo, dell’edonismo egoriferito e dell’ignoranza ottusa collettiva ha espunto dal dibattito qualsiasi argomento che possa incrinare il nostro beota tran tran quotidiano, che si balocca tra un’apericena sul lago, un reel su Instagram e un weekend romantico con il tuo lui. Anestesia totale. Se non fosse così, non sarebbe finita nel dimenticatoio nel giro di poche ore la notizia, oggettivamente clamorosa, dell’inserimento nella Costituzione francese del diritto all’aborto. Attenzione, non in una legge dello Stato, che esiste già in tutto l’occidente, ma nella Costituzione, che per la prima volta al mondo sancisce in termini assoluti che sopprimere una vita umana è un diritto. Perché è questo ciò di cui stiamo parlando.

Ora, in una società seria su un tema come questo si sarebbero aperti i gironi dell’inferno, tanto è devastante da un punto di vista etico la materia in questione. E cioè che cos’è la vita, quando inizia, a chi appartiene, come deve essere tutelata e tutta un’altra serie di abissi esistenziali rispetto ai quali ogni persona è di fronte al baratro di una scelta che non permette scorciatoie. E che riguarda tutti, naturalmente, nello stesso identico grado, visto che solo un cretino può ridurre all’equazione credente uguale contrario all’aborto e laico uguale favorevole all’aborto, perché anche un credente coglie perfettamente il nodo della decisione della donna e anche un laico il valore assoluto, aprioristico, intangibile della vita umana, soprattutto quando quella vita è totalmente indifesa.

E quindi una reazione allo storico voto francese - e non poteva che succedere lì, se si conosce la storia della Francia - tipo quella della O’Connor o una esattamente contraria e opposta ha dignità di dibattito, perché stiamo parlando di una tragedia - cinquanta milioni di aborti ogni anno nel mondo - che andrebbe affrontata con il massimo dell’onestà intellettuale e senza alcun settarismo. E invece la cosa devastante è che la pratica è finita subito sotto silenzio. È già stata archiviata. Non ne trovate traccia, dopo il primo giorno, in alcun organo di stampa e in nessun programma di approfondimento.

Il tema non interessa, semplicemente. Vuoi mettere l’appeal rispetto a un talk show con Vannacci & Lubamba o alle fondamentali elezioni in Abruzzo o all’ancor più fondamentale crisi Fedez-Ferragni o alle fondamentalissime tendenze della settimana della moda? La faccenda non è abbastanza stilosa? Non ci smuove gli elettroliti? Non si sposa con la nostra chiacchiera da salotto? E come mai mi è sparito il Papa? Insomma, come mai Bergoglio ci va bene quando ce lo possiamo reinventare come il simpatico sudamericano ambientalista sindacalista terzomondista che caccia i cardinali cattivi e accarezza i gay e i divorziati e tutte le altre cosine che sono al passo con i tempi e poi, invece, quando paragona una donna che abortisce a «un’assassina che affitta un sicario per far fuori un essere umano» - perché ha detto proprio così - sparisce immediatamente dalle cronache mondane? Che cos’è il Papa per noi? Uno scaffale del supermercato dal quale prendiamo quello che ci fa comodo e lasciamo quello che intralcia il nostro tartufesco stare al mondo?

Perché la vita ci è diventata così indifferente? Non la nostra, la nostra ci interessa eccome, pensiamo solo a quella, a come migliorarla, a come prolungarla, a come cercare di ingannare con trucchi e trucchetti dagli esiti patetici e grotteschi il tempo che passa. No, non la nostra. Quella degli altri. Perché non ci interessa la soppressione della vita di un altro? Perché siamo tutti contro la pena di morte e poi la pena di morte la mettiamo nella Costituzione? Perché non interessano a nessuno i motivi che spingono una donna ad abortire e se è possibile aiutarla economicamente, psicologicamente, socialmente (altrimenti a che serve uno Stato?) in un momento così tragico e invece l’unica soluzione che vediamo è solo il liberi tutti, quasi che l’aborto fosse una contraccezione differita? Come facciamo a essere così indifferenti? Un feto di tre mesi è già un bambino, è già un essere umano. Certo, ce ne sono tanti come lui. Ma quello è il tuo. E non ce ne sarà un altro uguale. E poi chi lo difende? Chi difende il suo diritto alla vita? Perché non c’è una legge nella Costituzione che lo protegga? Chi glielo ha chiesto se è d’accordo a morire?

Lo sappiamo tutti che gli aborti per incesto, stupro, gravi malformazioni e rischio di vita per la donna sono una percentuale minima. Tutti gli altri sono frutto di fragilità, miseria, ignoranza e spesso stupidità (la cultura della contraccezione maschile e femminile nel nostro paese è a livelli da terzo mondo). È possibile che questa voragine non interessi a nessuno? Che qualcuno cacci un urlo, per favore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA